THE SIRENS OF TITAN
Enrico Coniglio – CD/DL – Dronarivm, 2024
L O P A
Enrico Coniglio – DL – Gruenrekorder, 2023
Luci Fisse + Luci Erranti
Enrico Coniglio – DL – Crónica, 2023
SONGS FROM RUINED DAYS (remastered version)
Enrico Coniglio – DL – Spire/Touch, 2022
CLASSICAL-DRONE
Enrico Coniglio is based in Venice, Italy, where he trained as an urban planner, and his music has deep roots in his environment. I reviewed one of his collaborative works a while back, and this year he released Songs from Ruined Days digitally on the Touch sublabel Spire. At first glance it seems like an odd alliance, since Coniglio’s only traditional instrument is the guitar and Spire is all about the pipe organ. But Coniglio is operating here as an aural observer, composing this 45-minute work from field recordings, some of which include a pipe organ. Songs from Ruined Days is a poignant indictment of commodification and the resulting dilution of cultural identity, where the pipe organ acts as a symbol of the paradise lost. The origin of Songs From Ruined Days is a collection of field recordings from industrial sites and cathedrals, both of which Coniglio sees in a state of crisis. The industrial samples feed into deep, buzzing drones with a full sonic spectrum, an aural equivalent of a dense fog through which we occasionally hear incomprehensible voices and other traces of human activity. Sometimes sustained organ tones underpin this fog, materializing quietly, merging into slow melodies and hushed harmonies. Sometimes, it’s just static, atmospheric crackles and the oscillation of distant traffic. But three times out of this haze emerges unadulterated liturgical music, startling in its clarity, beauty, sadness and tradition. These interludes of sacred music bring a sense of holiness to the music, yet these songs are as ruined as the industrial wasteland that surrounds them, corrupted by human frailty and unable to offer any spiritual nourishment. The pipe organ plays a hymn in the first interlude, faintly accompanied by its congregation. The reverberant space around the organ informs us that we’re in a cathedral, and we should have a massive choir celebrating in song. Instead, a few voices, out of tune and out of sync, struggle to carry the message. The second interlude is for a choir alone, but they emerge from street noise and transient conversations, a distant rehearsel punctuated by air brakes and other industrial noises. Choir and organ join in an offertory in the final interlude sequence, the organ setting up a beautiful, clear chorale to the Virgin Mary, Kyrie Eleison and a concluding organ postlude. Even here, the liturgical music is overlaid with conversations and street noises, the sound of nobody paying attention. Lord have mercy indeed. Songs From Ruined Days isn’t Coniglio’s first piece dealing with the environmental state of the Venetian lagoon and its surrounding industrial park. Field recordings from the factories show up in Abibes, his podcast for Cronica, and the pollution in the lagoon a subtext in Sapientumsuperacquis, a podcast for Touch Radio. Listeners shouldn’t be surprised that some of the drones in the earlier work bear more than a passing resemblance to this one, but the overt symbolism of the liturgical music moves Songs From Ruined Days away from a pure ambient work and into a class of its own. Songs From Ruined Days is available as a 320 kbps mp3 download directly from Touch. [Caleb Deupree]
ARPEGGI
C’è davvero qualche cosa che si muove in Italia o si è sempre mosso discretamente, sommesso e con eleganza. Parliamo della musica ambient sperimentale, che persino nel Belpaese continua a far parlare di sé apportando al genere il suo perché. Non mancano di dire la loro le giovani leve e dopo Ielasi, Rocchetti e Shinkei ecco il chitarrista, compositore e field recorder Enrico Coniglio a firmare un nuovo progetto niente meno che con la Touch. Un’unica traccia “Songs from ruined days” in quarantacinque minuti di raccolte per field recording intrappolate tra cattedrali, spazi abbandonati ed istantanee dall’essenza vitale. Tra senso del racconto, malinconie e memoria sonora alla Basinski, le forme -qui in sostanze organiche, incursioni dark ambient, particelle in droni, parti acustiche e distorsioni- lavorano con la rigorosità di un Hecker sulla prospettiva o come un Brian Eno emulano l’immobile ma dialogano con il divenire rilevandone chiaramente le fonti (organo, dialoghi, estratti di cori sacri) quando non le sorti affidate negli ultimi minuti al silenzio che diventa chiaro manifesto del tema dell’abbandono. Tutt’altro che asettico, il non luogo qui si scontra tra il sacro e il profano, illuminato prima tra le fila angeliche, celebrato poi tra rarefatte, cupe e crepuscolari manipolazioni sonore. Tutto fluttua in un equilibrio miracoloso, disponendo i substrati con accurata riflessione a favore di una composizione comunicativa, simbolica ed evocativa. [Sara Bracco]
BLOW UP
Continua l’indagine del soundscape della laguna veneziana da parte di Enrico Coniglio, compositore, chitarrista, field recorder che, già in orbita Touch, pubblica questa volta nell’ambito del progetto Spire un’unica lunga traccia, disponibile solo in versione download. L’interesse documentaristico del musicista veneto per il paesaggio contemporaneo (ed in questo caso per le sue derive industriali) si intreccia in questo lavoro con la componente strumentale: un drone di chitarra dilatato e reiterato si interseca con i field recordings dell’area industriale di Porto Marghera (anche se una piccola parte delle registrazioni si riferisce ad una sessione invernale a Vienna). Una sovrapposizione che svela in negativo i contorni netti di un orizzonte alienato, di uno spazio desolato definito da un’operazione di aggregazione musiva degli oggetti sonori che lo compongono, nella minura in cui “gli oggetti che compongono un paesaggio non possono essere semplicemente concepiti nella loro individualità”. Un altro tassello significativo che si aggiunge all’antologia paesaggistica di Enrico Coniglio: i tempi sono ormai maturi per un album sulla label di Jon Wozencroft e Mike Harding.[Leandro Pisano]
TEXTURA
In keeping with its title, Enrico Coniglio’s Songs from Ruined Days exudes a primarily desolate and even dystopic character during its uninterrupted, forty-five-minute presentation. A download-only release that’s part of Touch’s Spire project, the Italian artist’s latest work is a shape-shifting ambient-drone collage based on 2009 field recordings made in Porto Marghera, an industrial coastal area on Venice, Italy’s mainland currently afflicted by severe economic and environmental crises, and in Vienna, Austria. If there’s one thing in particular that distinguishes Coniglio’s work from that of others in the field recordings-based soundscape genre, it’s the degree to which it’s focused on distilling environmental settings into sonic form and on capturing the evolution—degradation included—of the urban landscape. Against a static-encrusted bedrock of reverberant industrial churn, glassy tones and vaporous surges appear, with the mass gradually giving way to a liturgical passage that suggests a church setting where organ playing and rustling movements of people intermingle. Blurry, windswept episodes follow, as do ones involving speaking voices, choral interjections, and industrial ruptures of one kind or another until the piece descends into an electrical swamp in its closing minutes. The impression formed is of a society undergoing collapse, its technological advances undermined by unanticipated cracks in the seams and its rusting machines poisoning the environment as much as benefiting humanity. Shrouded in gloom, the piece unfolds with patient deliberation, moving from one ruined setting to the next, with fragments of choral illumination (a children’s choir the most affecting) offering tentative hope for salvation.
ONDAROCK
Non è certo una novità la fascinazione degli sperimentatori elettronici per ambientazioni post-industriali e non-luoghi ove catturare suoni e restituire performance: miliarità architettonica, (assenza di) identità fisica, asetticità ambientale da riempire col suono o con la semplice presenza umana rappresentano concetti sui quali riflettere e con i quali giocare in termini di manipolazione sonora. Animato da una simile impostazione concettuale, l’artista veneziano Enrico Coniglio non è dovuto andare lontano per trovare l’ispirazione per il suo contributo al progetto Spire, patrocinato dalla prestigiosa Touch e realizzato esclusivamente in formato digitale. La lunga traccia da quarantacinque minuti “Songs From Ruined Days” da lui destinata al progetto rappresenta infatti il resoconto di un viaggio a Porto Marghera, nel quale Coniglio si atteggia a vera e propria guida, nella narrazione di un abbandono che corrisponde fedelmente a quel processo di desemantizzazione che coinvolge, in termini non dissimili, paesaggi naturalistici, cattedrali industriali e persino città una volta fortemente caratterizzate e adesso vittime di un progressivo svuotamento dalla loro essenza identitaria e del loro contenuto umano. Per la realizzazione di “Songs From Ruined Days”, Coniglio ha infatti utilizzato una notevole mole di suoni catturati in prevalenza proprio a Porto Marghera, alcuni dei quali riprodotti fedelmente in tutte le loro componenti accidentali, altri invece pesantemente manipolati, a creare il tessuto connettivo dell’avviluppante saturazione di drone sulla quale, per tutto il corso della traccia, si innestano sibili e particelle acustiche in continuo moto centripeto. Ben lungi da un descrittivismo di rassicurante immobilità, quello di “Songs From Ruined Days” è piuttosto un flusso magmatico in continua trasformazione: dai primi cinque minuti di ronzante drone ai successivi innesti organici, dalle incursioni nell’ambient più profonda e spettrale alla granulosa maestosità di aperture dalla forte impronta isolazionista, i primi venti minuti del lavoro descrivono un vitalissimo percorso all’interno della memoria, attraverso una completa rideclinazione percettiva del suono, sospesa tra rilucenti schegge heckeriane e incandescenti distorsioni che possono lontanamente rimandare alle torsioni più astratte di Aidan Baker. Nel lavoro di Coniglio non vi sono tuttavia soltanto astrattezze ipnotiche e ottundenti, ma accanto ad esse convive lo sguardo profondamente umano dell’artista, che dei (non-)luoghi e dei paesaggi sonori coglie tanto il vuoto quanto l’essenza vitale che li riempie o li ha riempiti. Così, le torsioni droniche si ritraggono, lasciando spazio a suoni organici ben riconoscibili – intorno ai quattordici minuti si distingue un organo che suona le note dell’inno inglese – dialoghi cristallizzati in field recordings e frammenti di un coro religioso, prima accennato (minuto venti) e quindi protagonista di un kyrie eleison (minuto trentatre) che suggella la sacralità del lavoro quale anello di congiunzione tra lo svuotamento post-moderno delle cattedrali dell’industrialismo otto-novecentesco e lo smarrimento di una dimensione spirituale, in qualunque modo intesa. Il messaggio sotteso a “Songs From Ruined Days” sembra dunque proprio quello che l’inaridimento di questi due cardini fondamentali costituisce la prima causa di annichilimento di ogni identità individuale e condivisa, che abbia ad oggetto persone, luoghi o costruzioni. E il monito è tutto racchiuso nella parte finale della lunga composizione che, rimossi mille innesti sonori che l’hanno caratterizzata in precedenza, si presenta come immersione nelle asfittiche profondità dark-ambient e infine nei tre aspri minuti di distorsione conclusiva, prima che sopraggiunga il silenzio, al tempo stesso benedizione e sentenza inappellabile.
ROCKERILLA
Aggirarsi in luoghi, i più impensati, con un microfono binaurale è come avventurarsi nella scrittura di un racconto, si usa il field-recording come strumento per costruire con assoluta precisione una storia che poi verrà raccontata attraverso il suono. Enrico Coniglio è maestro in questo: assolutamente imperdibili i ‘fields’ downlodabili dal suo sito (http://www.enricoconiglio.com/radiousaghi.asp) così come imperdibile è questo suo ennesimo ‘racconto’ che vede la luce per Spire, colta ed affascinante realtà sulla quale vigila la sempre prestigiosa Touch. Ma entriamo in punta di piedi dentro questi suoni e cerchiamo di capire qual’è la storia che andremo a vivere: Fincantieri di Marghera, l’impatto è sconvolgente! Sul noise creato dalle turbine degli aspiratori si innesta una melodia creando un sorprendente ‘effetto cattedrale’ che si propaga per tutta la durata del ‘racconto’. Quelli registrati sono i suoni degli enormi spazi occupati dalla grande industria, sono i Grandi Molini, la Fincantieri, il MAS, un immenso capannone nel quale si assemblano i pezzi delle navi da crociera, è la liturgia del lavoro che si sposa con quella della preghiera grazie al continuo inserimento di droni che accompagnano il ‘lettore’ attraverso i due mondi portandolo dagli stabilimenti di Marghera fin dentro la religiosità delle chiese con le sue celebrazioni liturgiche. La crudeltà del duro lavoro e il tentativo di elevazione spirituale in un mondo alla mercè della rovina. [Mirco Salvadori]
ALPINE VARIATIONS
Enrico Coniglio – CD/DL – Dronarivm, 2021
FLUID RADIO
On Alpine Variations, Venetian-based composer, guitarist, and field recorder Enrico Coniglio treks towards an ambient apex. The peak of the mountain glimmers from afar, slowly revealing its crystalline beauty the closer he gets. On this strikingly-sublime record, Coniglio’s ambient music is able to dissipate any remaining clouds to uncover a majestic sight. The ascent is long, but it is clearly worth the journey.
The euphoria of reaching the top, the victory that comes with the conquest, is contained within its vapours of ambient. On top of that, there is an amazing sense of scale, along with a deep respect for the mountain. It is also a sharp reminder of one’s mortality.
Atmosphere and the environment are placed like a flag at the tip of the music, which becomes increasingly icy and frost-bitten, and its dull, gleaming harmonies produce a lambent light.
Coniglio has been advancing along these musical paths for years, exploring the sounds of the Earth and transcribing their vibrations; the care behind the music, along with its attention to detail, immediately shines through. It is clear that he has a love for the mountains. Although they are imposing, dominating the landscape and knifing through the sky, the music is more in line with awe than fear, although there is a healthy dose of that, too. Each piece climbs closer to the top, the ascent marked in stages, like checkpoints along the way, and the music is forever building on its foundations, although its footsteps are quick to disappear in the snow.
Dense textures and thin ambient winds whistle along the mountain, which is evocative of a spiritual and mental journey as much as it is a physical one. Endurance is essential if one wishes to reach the tip of the peak, and there is something of an inner fight, a push to continue on, to never give up, encased within the ambient textures. The continual shifts of its ice and the thunders of a distant avalanche are a reminder of its constant danger.
Like the mountain itself, it is breath-taking music, equally calming and spectacular. [James Catchpole]
https://www.fluid-radio.co.uk/2021/12/enrico-coniglio-alpine-variations/
LINUS RECORDS
これまでSilentes〜13、Psychonavigationなどからリリースしている、イタリアのEnrico Coniglioのフルアルバム。コラボ作でのアルバムのリリースは2作ありますが、単独名義の作品でのDronarivmからのアルバムのリリースは今作が初になります。
シンセ〜ギターのフィードバック〜ストリングス、霞がかったノイズなどをレイヤードした雄大なドローン〜荒涼とした寒々しさのある仄かなドローンと、その大らかな揺らめきのサウンドの中でまばらに奏でられる静ひつなピアノ〜ゆったりと沁み渡る儚いピアノ、微かなノイズ〜エレクトロニクス、フィールド・レコーディングのサウンドなどによる、メランコリックなアンビエント〜ドローン〜エクスペリメンタル〜ポスト・クラシカル・サウンド。様々なタイプのサウンドの作品をリリースしているアーティストですが、高山をテーマしている今作は、壮大な美しさと厳しさのある山の自然を感じさせるようなアンビエント〜ドローン・サウンドと、淡々としながらも清らかな響きで奏でられるピアノの美しいサウンドを組み合わせた、アンビエント+クラシックな作風のアルバムとなっています。全10曲40分収録。引き出しのように中のCDを取り出す特殊な紙ジャケットで限定100枚でのリリース。
https://www.linusrecords.jp/products/detail/10688/
ROCK DECIBELS
Sur Alpine Variations, le compositeur, guitariste et « field recorder » vénitien Enrico Coniglio se dirige vers une apogée ambiante. Le sommet de la montagne scintille de loin, révélant lentement sa beauté cristalline à mesure qu’il s’en approche. Sur ce disque étonnamment sublime, la musique ambiante de Coniglio parvient à dissiper les derniers nuages pour découvrir un spectacle majestueux. L’ascension est longue, mais le voyage en vaut clairement la peine.
L’euphorie d’atteindre le sommet, la victoire qui vient avec la conquête, est contenue dans ses vapeurs d’ambient. En plus de cela, il y a un incroyable sens de l’échelle, ainsi qu’un profond respect pour la montagne. C’est aussi un rappel brutal de la mortalité de chacun.
L’atmosphère et l’environnement sont placés comme un drapeau à l’extrémité de la musique, qui devient de plus en plus glacée et givrée, et ses harmonies ternes et luisantes produisent une lumière lambda.
Coniglio avance depuis des années sur ces chemins musicaux, en explorant les sons de la Terre et en transcrivant leurs vibrations ; le soin apporté à la musique, ainsi que le souci du détail, transparaissent immédiatement. Il est clair qu’il a un amour pour les montagnes. Bien qu’elles soient imposantes, qu’elles dominent le paysage et qu’elles fendent le ciel, la musique est plus proche de l’admiration que de la peur, bien qu’il y ait une bonne dose de celle-ci. Chaque morceau se rapproche du sommet, l’ascension étant marquée par des étapes, comme des points de contrôle le long du chemin, et la musique construit sans cesse sur ses fondations, bien que ses pas disparaissent rapidement dans la neige.
Des textures denses et de minces vents ambiants sifflent le long de la montagne, qui évoque un voyage spirituel et mental autant que physique. L’endurance est essentielle si l’on souhaite atteindre la pointe du pic, et il y a quelque chose comme un combat intérieur, une poussée pour continuer, pour ne jamais abandonner, enfermé dans les textures ambiantes. Les mouvements continuels de la glace et le tonnerre d’une avalanche lointaine nous rappellent le danger permanent. Comme la montagne elle-même, c’est une musique à couper le souffle, aussi apaisante que spectaculaire.
https://rock-decibels.org/2021/12/07/enrico-coniglio-alpine-variations/
SOWHAT
L’approccio cangiante alla materia sonora è un tratto consolidato della produzione artistica di Enrico Coniglio. Non sorprende dunque trovare affiancati nel corso del 2021 lavori eterogeni frutto di dinamiche differenti sviluppate in collaborazione (“Lost & Found” con Stefano Guzzetti e il terzo capitolo del progetto Open To The Sea condiviso con Matteo Uggeri) o in solitudine (“Let It Fall” a firma My Home, Sinking, “Da Rin”). Improvvisazione, field recording e strutture elettroacustiche ibride che sconfinano in eleganti forme canzone sono solo alcuni dei territori battuti.
Ultimo atto di questo anno caleidoscopico è la pubblicazione – ancora una volta su Dronarivm – di “Alpine Variations”, itinerario sonico pensato quale canovaccio sensoriale di un’impresa immaginaria dai contorni volutamente indefiniti. Lo scenario in cui l’azione si svolge è ancora una volta quello montano in cui incanto e timore si intrecciano profondamente. Sostanza delle dieci tracce è la restituzione emozionale dell’ascesa impervia verso la cima ottenuta intersecando trame armoniche rilucenti di piano e chitarra con bordoni vaporosi percorsi da flebili increspature. L’atmosfera risultante da questa combinazione è un chiaroscuro di matrice ambient che alterna ariose aperture contemplative (“Detachment”, “Avalanche”) a passaggi più inquieti scanditi da frequenze ruvide (“Crack In The Wall”, “Calluna”).
A mantenersi costante è il moderato contrasto tra elementi melodici e correnti sintetiche da cui scaturisce una sottile tensione e un portato cinematografico che rivela la genesi dell’album, costruito a partire da una serie di registrazioni dedicate alla realizzazione del commento sonoro di un cortometraggio.
Un viaggio fisico e spirituale intenso alla scoperta del paesaggio e di se stessi. [PEPPE TROTTA]
https://sowhatmusica.wordpress.com/2021/12/21/enrico-coniglio-alpine-variations/
https://sowhatmusica.wordpress.com/2021/12/21/enrico-coniglio-alpine-variations/
https://sowhatmusica.wordpress.com/2021/12/21/enrico-coniglio-alpine-variations/
Venetian-based composer Enrico Coniglio demonstrates his love and admiration for the (Alpine) mountain landscape, “the splendor of a landscape that slowly reveals in its dazzling beauty […] an epic landscape in which enchantment and fear are deeply intertwined”.
The album is built “on a series of recordings dedicated to the creation of a film sound commentary that finally becomes an autonomous itinerary.”
In the ten tracks on Alpine Variations, he paints the landscape using sounds as diverse as the mountain landscape itself. Bright notes of the piano, synth pads, field recordings, found sounds and immeasurable depth of sub-bass low create the atmosphere “poised between quiet contemplation and impending danger.”
The mood can change – just like views do in the “strenuous conquest of the top”. But now, the listener does not have the hardships that come with mountaineering. Just “close your eyes and prepare to face the journey”.
https://www.ambientblog.net/blog/2022-01/dullmea-pinto-coniglio/
GONZO CIRCUS
Het bescheiden Russische Dronarivm richt zich vooral op hedendaagse ambient, drones, elektroakoestische en neoklassieke muziek. Hun catalogus omvat interessante uitgaven van artiesten en geluidsarchitecten uit alle windstreken. De Italiaanse experimentele gitarist Enrico Coniglio bracht op dit label uit Moskou al enkele collaboraties uit met onder andere Giulio Aldinucci en Matteo Uggeri. Op ‘Alpine Variations’ gaat Coniglio op geluidsonderzoek dat zijn oorsprong heeft in omgevings- en atmosferische veldopnames. De filmische aanpak op ‘Alpine Variations’ produceert een zacht en dromerig palet aan ambientsferen. De luisteraar neemt hier plaats op een vliegend tapijt dat door bergen en dalen zweeft, en waar zowel betovering als angst met elkaar verweven worden. Het gebruik van diepe en echoënde piano-aanslagen doen denken aan de magie die grootmeester Harold Budd in zijn werk liet horen. ‘Alpine Variations’ kabbelt rustig doorheen zintuiglijk prikkelende klanklandschappen. De veldopnames van natuurfenomenen worden in de ambientgolven met oog voor detail verweven in de complex aanvoelende elektronische vlechtingen. De gemanipuleerde experimentele gitaarklanken van Coniglio komen met regelmaat naar de oppervlakte tijdens deze bundel mooie resonanties. Op het laatste nummer benadert de Italiaan het zweverige geluid en stijl van gitarist Robin Guthrie (Cocteau Twins). ‘Alpine Variations’ is een bevallig ambientalbum geworden waarmee het wegdromen en ontsnappen uit deze wereld vol beroeringen een waar genot is.
https://www.gonzocircus.com/alpine-variations/
KOMEDA
https://komeda.tistory.com/1347
ETHERREAL
Bien que basé à Venise, Enrico Coniglio éprouve une fascination pour la montagne et c’est, précisément, à San Vito di Cadore, petite station des Dolomites, située à 150 kilomètres au nord de la cité ducale qu’il a, en partie, enregistré son nouveau disque. La pochette et l’intitulé de cet album donnaient, d’ailleurs, déjà des indices sur ce contexte et sur le fait que ce nouveau long-format permettra à l’Italien de documenter cette forme d’ascension et de voyage dans les hauteurs.
Mêlant textures assez denses et granuleuses à des interventions de piano plus claires et sporadiques, les dix morceaux d’Alpine Variations se veulent la traduction de ce périple, aussi bien physique que mental car, on le sait, le plus beau voyage est souvent intérieur même si, en l’espèce, Enrico Coniglio est effectivement allé d’un lieu à l’autre. Pour illustrer encore davantage son dessein, l’Italien peut intégrer des bruits de vague, semblables à ceux qui vont et viennent sur le Lido, laissé derrière lui pour aller arpenter les cimes alpines (A Crack In The Wall). Ne se faisant jamais trop abscons ou cérébral, le musicien sait maintenir une vraie matérialité et humanité à ses morceaux, notamment grâce à ces interventions par petites touches, de clavier ou de guitare (Upon This Pick).
Constitué de quelques pièces courtes (quatre des dix titres font moins de trois minutes), Alpine Variations se fait surtout convaincant quand il laisse s’épanouir le propos dans la durée, à l’image des quasi-dix minutes de Calluna, traversées par des nappes travaillées, des perturbations maîtrisées et des apports évocateurs (sons semblables à des pépiements d’oiseaux ou à du vent balayant les terres). Toutes aussi pertinentes, les cinq minutes d’Avalanche se veulent, par antiphrase, plutôt apaisées, par la grâce de quelques traits de guitare électrique perçant doucement d’un arrière-plan cotonneux, éléments qu’on trouve, encore plus marqués, dans Everything And Nothing, autre belle réussite du disque. [François Bousquet]
ROCKERILLA N° 497 | Gennaio 2022
Se le note che lente, profondamente lievi e colme di silenzio che ora avvolgono l’ascolto, fossero frasi colme di purezza, scritte sulla corteccia dei pini, testimoni della nostra solitaria salita verso quella cima immaginata. Se alla fine, Enrico Coniglio avesse scritto il suo racconto più POETICAMENTE INTENSO? [Mirco Salvadori)
TEREDO NAVALIS
Enrico Coniglio – CD/DL – Gruenrekorder, 2020
REVIEWS
MUSIC MACHINE
Teredo Navails takes us down in the depths of a Venetian Lagoon- utilizing & blending sounds recorded via electromagnetic sensors, binaural microphones, hydrophones, contact, and condenser microphones- the CD/ digital release offers up a collection of five soundscapes. The album falls somewhere between lightly simmering ‘n’ churning drone matter, hovering & at time piercing tone studies, & water/ pipe field recording. The idea of a release based around water recordings normally has one expecting lulling, subtle & soothingly tonal work, but this release is often fairly pressing & at times searing in it’s feel.
The release appears on the highly respected field recording & sound art label Gruenrekorder.The CD comes in a six-panel mini gatefold- this features a low key green, grey & white color scheme, with a blend of murky pictures of the lagoon, a short write up about the project, a sea reed like art- all making for a sleek & artily understated bit of packaging.
The albums five tracks run between three & eleven minutes apiece. We start off with the longest track here- the spot eleven-minute runtime of “Fraima”- this begins with a blend of distant aquatic knocking, water trickle & slow grainy rush. As the track progresses a series of slow creaks come into play- building up the sound picture. By the fourth minute, things turn a little more noise bound & active- as we move into a fairly busy blend of fiddling & buzzing tones, slow sweeping waves drones- that move between pressing low & high pitched dwells. At times you forget your listening to lagoon recordings, and think you could almost be listening to dense electro-acoustic sound art or maybe slurred synth-based composition. Track Three “Teredo Navalis (i)” starts busy from the off with a dense & building mix of grainy ‘n’ watery rushes, & textual creeks ‘n’ snaps- this stands as one of my favorite moments here, as the focus remains more the rushing & textured tones, through around the midway point in this eight-minute track we get some high pitched sweeps of tone. Towards the end, the more busy feel drops back, and we get a rather eerie selection of knocks & creeks appearing. The final track here is “Teredo Navalis (iii)”- and this most certainly goes more towards the noise end of things- as we find a looped ringing & grating drone element, this is surrounded by distant knocks & a building layer of high pitch sustain, as well as these weird electro twitting alien bird-like tones.
With Teredo Navails Enrico Coniglio has largely stepped away from what one would normally expect from water-based recordings- ie subtle & soothing tone studies, droplet-based semi rhythmic matter, or more ambient drift. I’d say you’ll have to enjoy either active & shifting textual studies, or more detailed & at times searing drone matter to get the most out of this release- but if you’re looking for something more sedated & moody you may be disappointed. [Roger Batty]
https://www.musiquemachine.com/reviews/reviews_template.php?id=7853
IL GAZZETTINO DI VENEZIA E MESTRE
Un viaggio sonoro immaginifico per esplorare il mondo dei suoni delle aree liminali della laguna di Venezia. E la nuova proposta musicale del compositore veneziano Enrico Coniglio con il nuovo disco intitolato “Teredo Navalis”, uscito per la casa discografica tedesca Gruenrekorder. Enrico presenta una serie di composizioni basate su microsuoni della fauna e flora lagunare di vel me e barene, tipiche strutture morfologiche di un ambiente naturalistico in cui la pressione antropica resta ai margini, ma rivela la sua silenziosa presenza. Tutti i suoni sono stati raccolti per lo più in orario notturno, molti sotto acqua, utilizzando idrofoni, microfoni a contatto e sensori elettromagnetici nell’area nord della laguna. Nel disco di Coniglio i suoni della natura, tra Murano Sant’Erasmo e zone limitrofe. «Il progetto è nato dall’idea di portare a matura-zione un percorso, iniziato diversi anni fa, di esplorazione del territorio della laguna di Venezia, a cui appartengo» spiega l’artista. Classe 1975, laureato in Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale, si dedica da molti anni ad investigare la perdita di identità dei luoghi e l’incertezza sull’evoluzione del territorio. Il suo approccio si è via via focalizzato sul rapporto tra musica e rappresentazione del reale, sviluppando il concetto di “area a margine” quale personale strumento di analisi del paesaggio sonoro contempora neo. La sua musica è caratterizzata da una commistione di influenze stilistiche diverse, dall’ambient alla drone music, dalla musica cameristica alla classica contemporanea, con una predisposizione ad ibridare i generi. «”Teredo Navalis” – racconta l’artista – è dedicato soprattutto alle sonorità invisibili. La ricerca scientifica si mescola col mondo dell’arte, la musica dialoga con i suoni naturali ricomponendo il paesaggio reale in un paesaggio immaginario, ma rispettando fedelmente le fonti. Non è un disco facile, richiede uno sforzo di ascolto più musicale. Ma il mio desiderio è proprio quello di insegnare alle persone ad ascoltare più attentamente il mondo che ci circonda. Il lavoro di registrazione è stato fatto l’anno scorso. Ora mi piacerebbe capire com’è cambiato il suono naturale in questi mesi di pandemia, ma finora non ho voluto violare quel silenzio, ho preferito portarmelo nel cuore. Tra i miei prossimi progetti, però, c’è anche l’idea di spostare l’attenzione ad altre aree del Veneto: ho una grande passione per la montagna e sento che è arrivato il momento di esplorarla». [Elena Ferrarese]
SOUTERRAINE
La laguna di Venezia ed Enrico Coniglio. L’instancabile mappatura del field recordist continua senza sosta. Un’indagine critica, approfondita, fondata su una prospettiva ecologica e un’estetica precisa. Nuove registrazioni sul campo circoscrivono quei suoni ridondanti, particolari o tipici dell’area nord del bacino costiero, compreso tra le isole di Murano, Burano, Sant’Erasmo e i suoi banchi di sabbia circostanti, catturati da sensori elettromagnetici, microfoni binaurali, idrofoni, microfoni a contatto e a condensatore. “Teredo Navalis” (2020) non si configura, però, come una mera cartolina sonora, perché rappresenta il risultato finale di una processo di ricombinazione di elementi che documenta con accuratezza quanto accade di notte, dentro e fuori dall’acqua in un’area marginale, il cui fragile equilibrio naturale è minacciato dalle scellerate azioni umane.
Pubblicato da Gruenrekorder, l’album rimanda al termine scientifico proprio di quel mollusco bivalve marino che, da secoli, ‘rosicchia’ la fibra dei legni dei pali infissi sul greto dei porti, una minaccia anche per gli scafi navali. Caratteristici i titoli di brani quali Fraìma e Zenzìva, che si riferiscono a quel periodo autunnale in cui ha luogo la discesa del pesce dai bacini lagunari al mare e a quella zona a metà tra acqua alta e bassa. La stratificazione di indefinibili scricchioli, fastidiosi ronzii, sibili acuti e rumori acquatici costituisce un incredibile spaccato di un mondo sommerso forse immobile. I tre omonimi ‘movimenti’ colmi di flussi sonori, intervallato da accenti sonici forti e deboli, pause strategiche e occasionali bordoni amplificano il senso di vastità durante l’ascolto. I ritmici cinguettii delle sterne coincidono con il progressivo riavvicinarsi alla terraferma.
MUSIC WON’T SAVE YOU
Il legame di Enrico Coniglio con il fragile territorio nel quale vive ha caratterizzato numerose opere da lui pubblicate a proprio nome o sotto diversi alias solitari o collaborativi. I cinque cortometraggi sonori racchiusi in “Teredo Navalis” vedono l’artista veneziano tornare a confrontarsi con il misterioso incanto lagunare, attraverso frequenze mai come in questa volta connesse all’elemento acquatico dei suoi luoghi d’origine.
Il lavoro descrive infatti un itinerario immaginario nella parte settentrionale della laguna, idealmente immergendo l’ascoltatore nella densità limacciosa di acque tuttavia brulicanti di frammenti più o meno organici, che conferiscono ai suoi brani uno svolgimento in qualche misura dinamico, come prolungati piani sequenza a pelo d’acqua. Anche astraendoli dal contesto nel quale hanno materialmente avuto origine, gli scorci di soundscaping di “Teredo Navalis” presentano una pronunciata consistenza descrittiva, ricamata da risonanze e riverberi appena filtrati dal tocco dell’artista, che ancora una volta con grande sensibilità conferisce agli stessi suoni naturali il ruolo di vivida rappresentazione di un ecosistema in progressiva trasformazione.
TEXTURA
While work by Coniglio has appeared on many a label (Touch, Infraction, and Dronarivm three of many), Teredo Navalis is the first time the Italy-based guitarist, field recordist, and sound explorer has appeared on Gruenrekorder. The thirty-eight-minute CD finds him firmly in soundscaping mode, its five tracks constituting the next chapter in his ongoing study of the Venetian Lagoon (the title, incidentally, refers to a marine organism also described as a bivalve mollusc or naval shipworm that commonly dwells in the wood of ships). Using electromagnetic sensors, hydrophones, and contact, condenser, and binaural microphones, Coniglio gathered sounds during the night at the north side of the lagoon, a site home to crabbers, gulls, and native terns but also boats used for public transportation. One of his goals with the project was to document in sound the fragile balance between the setting in its natural state and the impact human intervention has had upon it. While untreated aquatic sounds form the basis for the work, the compositional process involved an intense layering of micro-elements.
Initiating the recording immersively, “Fraìma” transports the listener to a zone where subdued rustlings, rattlings, and burblings appear amidst loud rumblings, the cumulative effect reminiscent of a granular micro-electronic soundscape, its connections to water-related field recordings only surfacing directly in the track’s final minute. Low-level electronic noises in “Zenzìva” could pass for the amplified capture of micro-level chatter between insect life-forms. Seventeen minutes in total, the three-part title track advances from the restless streams of rippling and rustling that dominate the first to the alien attack that arises during the second’s mini-dronescape and the industrial clangour that engulfs the third. Though the recording’s connection to its field recordings origins might often seem on purely sonic terms tangential, Teredo Navalis is a fascinating listen nonetheless.
https://www.textura.org/archives/c/collenberg_coniglio_lightborne.htm
LA NUOVA VENEZIA
Enrico Coniglio è un “cacciatore” di paesaggi sonori. Racconta la laguna, ma anche la città, la zona industriale di Marghera, le sue fabbriche e il porto, non con parole o immagini, ma con i suoni che ogni agglomerato, ogni essere vivente, ogni angolo di laguna o di mare emettono. Ma non i suoni superficiali, Enrico raccoglie quelli profondi dell’anima, di tutto ciò che ci circonda.
Enrico è un musicista, perché con quei suoni lui compone e pubblica dischi, cd o affida la sua musica a link per non perdere il contatto con una realtà che vuole la rete il grande contenitore di quanto la fantasia e l’estro umano producono. Lui non racconta, per intenderci, il rumore dell’infrangersi delle onde sul bagnasciuga, che chiunque di noi può ascoltare seduto in spiaggia. Lui ascolta e registra quello che sta sotto alla superficie dell’acqua. I suoni degli esseri viventi che popolano il fondale. I suoi ultimi lavori sono dedicati alla laguna nord. Per mesi è uscito di sera in barca e ha girovagato senza una meta precisa. Si fermava dove glielo diceva il suo istinto e iniziava la caccia ai suoni. Un lavoro costruito quasi interamente tramite idrofoni: sonde collegate a un registratore attraverso un cavo, che poi calava in acqua.
Fauna e flora
Enrico in questo modo registra i microsuoni della fauna e della flora lagunare di velme e barene. Ecco allora il respiro dell’alga che rilascia ossigeno che in bollicine risale in superficie, poi ci sono i chiassosi granchi e la salicornia. Tutti hanno un proprio suono che poi diventa musica quando Enrico si mette a comporre. Mischia questi respiri che ci permettono di conoscere la laguna grazie al nostro udito. —
ESOTEROS
Each landscape is inexhaustible, since any point of view eludes infinite others: in addition to its vastness, its changeability over time ensures that the limits of human sensoriality could never fully grasp a phenomenon, but only carry out partial reconnaissance through which to rebuild one’s own image of reality.
This is what pushes artists like Enrico Coniglio to return almost obsessively to the same places, to always observe with a high degree of attention the sound events that occur within a context in perpetual evolution, tracing in an equally provisional way the edges of a “topophony” that from sensory experience translates, with all evidence, into a place of the soul.
With the natural and artificial ecosystem of the Venetian lagoon Coniglio has established different relational practices over time, mixing the documentary intent with a fine compositional sensitivity rooted in electroacoustics. In his first album for the twenty-year German label Gruenrekorder – specifically focused on the arts of field recording – the artist’s intervention on direct samplings is almost only “assemblatory”, a fact that renders even more fascinating and revealing the approach to Teredo navalis, a scenario worth exploring with a good pair of headphones.
The sonic surveys carried out in the surroundings of Murano and Sant’Erasmo with hydrophones, contact mics, and electromagnetic sensors reveal spectra of frequencies and shades that closely resemble Toshiya Tsunoda’s archive, a treasure trove of details hidden in the port areas of the Miura Peninsula. But unlike the Japanese sound artist’s pure, almost neutral fascination, in Coniglio’s research one can clearly perceive the alarm cry of an environment between land and sea in which human action has irreversibly subverted the pre-existing balances, with a more and more intrusive presence of boats responsible for toxic emissions.
In short, the lucid vision of the Venetian experimenter is passionate but far from romantic, transforming the intrinsic acoustic plurality of the lagoon floor into a fresco of “virgin” musique concrète, so rich in spontaneous interactions between heterogeneous elements that it requires nothing more than an attentive and devoted ear. Enrico Coniglio offers and preserves traces of existence that tell of a silent tragedy, both local and global: a set of evidence that would prove decisive in attributing the blame for the crimes of post-industrial civilization. [Michele Palozzo]
https://esoteros.net/2020/06/14/weekly-recs-2020-24/?fbclid=IwAR2P1E-MNVuLYSb04vzgdb8lxtkSYL4olDyMW4kVHMShTrN_ORa5JG3EJrA
NOWAMUZYKA.PL
Zanurzmy ucho w wodach Laguny Weneckiej. Enrico Coniglio to włoski artysta dźwiękowy, gitarzysta i kompozytor, od wielu lat zajmujący się field recordingiem. Na swoim najnowszym wydawnictwie Teredo Navalis kontynuuje badania nad ekosystemem Laguny Weneckiej, choć nie są to nagrania terenowe w czystej postaci, a jedynie stanowią punkt wyjścia do stworzenia soundscape’owych kompozycji. Proces rejestrowania odgłosów wody wypełniającej lagunę przebiegał nocą i za pomocą czujników elektromagnetycznych oraz hydrofonów, a także różnych mikrofonów – obuusznych, kontaktowych i pojemnościowych. Coniglio skupił się na północnej części laguny, gdzieś między wyspami Murano, Burano, Sant’Erasmo a otaczającymi je piaszczystymi brzegami. Jak czytamy w dołączonym tekście, można tam spotkać z jednej strony wodne tarliska krabów oraz miejsca dające schronienie mewom czy rybitwom, zaś z drugiej – łodzie transportu publicznego poruszające się wzdłuż głównych kanałów nawigacyjnych. Co się naprawdę kryje za Teredo Navalis? Sam tytuł to nazwa świdraka okrętowca – inwazyjnego gatunku małża blaszkoskrzelnego, który przyczynia się do wyrządzania poważnych szkód drewnianym elementom zanurzonym w wodzie. Nie chodzi tu jednak o jakiś wykład na temat biologii, a zdecydowanie coś ważniejszego – zwrócenie uwagi odbiorców na zmiany zachodzące w obszarze postmiejskim i postindustrialnym w odniesieniu do Laguny Weneckiej. Na Teredo Navalis pojawiają się wielu miejscach czyste odgłosy wody, choć złożone z mikrodźwięków o różnych częstotliwościach, co dobrze ilustruje trzyczęściowa i tytułowa kompozycja – niekiedy podpływająca do ambientowych form oblepionych trzaskami, szumami, śpiewem nadmorskich ptaków i czymś na kształt industrialnej tkanki. Warto spędzić te niespełna czterdzieści minut z Teredo Navalis i nasłuchiwać tej swoistej topofonii.
https://www.nowamuzyka.pl/2020/06/13/enrico-coniglio-teredo-navalis/
VITAL WEEKLY
Gruenrekorder latest batch of releases shows their interest in all things sound art and field recordings. The latter is present on the release by Enrico Coniglio. He has on-going research in the Venetian Lagoon, and recordings were made at the north side of the lagoon, “between the islands of Murano, Burano, Sant’Erasmo and their surrounding sandbanks. Here it is possible to find, on the one hand, aquatic spawning grounds for crabbers, high-tide roosts for gulls and native terns; on the other, boats for the public transportation are moving along the main navigation channels”, as he says. It is not a postcard of the place, according to Coniglio, where one sticks a microphone in the air and records some stuff; he uses electromagnetic sensors, binaural microphones, hydrophones, contact and condenser microphones to capture his sounds and uses them in the five pieces on this release. There are almost no water sounds, except in the last piece. I am not sure if there is any sort of processing going on here; I would think there is, but yet, I would not be surprised if there isn’t. I would think that the music is a collage of recordings, various sound events layered together. That is clear in the first piece, ‘Fraima’, in which we hear motor sounds (boat in the lagoon), buzzing, insects and other animals. In ‘Zenziva’ there is a very ambient approach with very subdued drone-like organ sounds and the fading in of insect recordings, whereas the title piece seems to be a collage of pure field recordings. Throughout these five pieces are very quiet in approach, very fragile it seems, even when Coniglio isn’t shy of using some very high-pitched sounds. It still makes up some very fine ambient music and throughout an excellent release.
ZERO VENEZIA
“I micro suoni della laguna e le sue lunghe notti”
Teredo Navalis è l’ultimo lavoro di Enrico Coniglio, un viaggio concreto tra barene, velme e isole dove il tempo si è fermato, o quasi. Per una strana coincidenza il nuovo lavoro di Enrico Coniglio è uscito lo stesso giorno in cui una nube nera veniva eruttata da uno degli stabilimenti chimici di Porto Marghera, prima di collassare al suolo come monumento temporaneo di monito sulle persistenti pericolosità dell’area. È il 15 maggio. Nella stessa data il sound artist veneziano, con l’ultimo disco “Teredo Navalis”, pubblicato dalla casa discografica tedesca Gruenrekorder, ci porta idealmente agli antipodi, declinando una formula completamente diversa nel rapporto tra ambiente lagunare e l’umana téchne. Laureato in Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale (Iuav), classe ’75, Enrico Coniglio da molti anni è impegnato nel campo della “topofonia”, indaga il rapporto tra musica e rappresentazione del reale, con particolare attenzione alla perdita di identità dei luoghi e l’incertezza sull’evoluzione del territorio. Per questo ultimo lavoro ha perlustrato gli angoli nascosti della laguna con un set di idrofoni e microfoni a condensatore, a contatto e binaurali, per carpire l’essenza di un mondo sonoro evanescente, in cui l’anima acquatica si insinua tra le fessure, amalgamando lo spettro complessivo, senza mai invaderlo completamente. Ne risulta una dialettica costante tra gli elementi. In particolare è l’ingombrante e caotica presenza dell’essere umano il vero soggetto in filigrana che emerge nelle registrazioni, in cui i silenziosi specchi d’acqua del lockdown sono continuamente perturbati da inquinamento elettromagnetico, motori da trasporto ed altre brulicanti tracce antropomorfe. Enrico Coniglio ri-compone così in un distillato di frequenze i suoi numerosi field-recordings catturati, soprattutto di notte, tra barene selvagge e le isole di Sant’Erasmo, Burano e Murano, contrapponendo il costante suono dell’impronta umana al silenzio delle maree. Quella di “Teredo Navalis” (nome scientifico del mollusco che consuma costantemente le briccole piantate nel fango) è una laguna radioattiva e satura di suono, nella quale appaiono solo a tratti i segni naturali come i mondi acquatici o la fauna naturale e dove tutto è trasfigurato, da antica dimensione bucolica a lunga notte aliena. [Joe Versalis]
THE GRAND PARADE OF HOSTILE WINDS
Enrico Coniglio – MC – Kohlhaas, 2019
REVIEWS
SON OF MARKETING
A few months after the collaboration with Nicola Di Croce, Italian sound artist and composer Enrico Coniglio is back with a new solo work. The Grand Parad of Hostile Winds is out via Kohlhaas and according to the press release, it is conceived as an exploration of the interstitial sound of matter and these two brand new tracks challenge the listener to take a path into the field of the audible and let him acknowledge the marginal possibilities of listen.
In his own words: “this work is about walking bent over through deserted, windy lands, where rocks are sharp and nature is at its peak.” It was recorded live at Fusion Art Center/Neo, Padova, Italy in 2018. 30 minutes of minimal lines and subtle noise textures. Listen below.
VITAL WEEKLY – Number 1204
Over the years I heard quite some varying stuff from Enrico Coniglio; ambient, experimental and even jazz noir. On his new tape, he limps out to some extremer forms of music. For the two pieces that last exactly fifteen minutes, he uses function generator loops, cassette player and effects. If he would have said this was all the doing of a laptop and some extreme filtering through max/MSP I would have also believed it. The tape starts nearly inaudible and for a while, I thought the tape was blank but it turned it contained music. In both pieces, Coniglio opts for a very minimal exploration of his sounds. The function generator is set to high piercing frequencies on the first side, once we hear something, and it stays there throughout. The cassette, whatever it does, provides no hiss or lo-fi degradation. It is not very easy music to hear. The second part of the piece, which we find on the other side, is likewise extreme, but it is something that can also be enjoyed in terms of music. The gentle drone-like approach, of mid to low range tones have some build-up and change for these fifteen minutes and the piece works as a fine reminder of the work of Alvin Lucier; even when Coniglo has more variety to offer in these fifteen minutes. The cassette is dedicated to Dmitry Vasilyev, who ran the Monochrome Vision label and who died a year ago. At the end of the second part, we hear some choir-like voices. Are they singing in his memory? A requiem of a more radical variety, then it is. (FdW) ––– Address: https://kohlhaas.bandcamp.com/
MUSICA ELETTRONICA.IT
L’etichetta Kohlhaas del trentino Marco Segabinazzi – che quest’anno abbiamo potuto apprezzare anche come curatore della stagione di musica di ricerca Musica Macchina del Centro Santa Chiara di Rovereto (con un calendario mozzafiato) – pubblica, dopo le ultime uscite di Claudio Rocchetti e del duo composto da Attilio Novellino e Collin McKelvey, The Grand Parade of Hostile Winds, il nuovo lavoro solista del sound artist e field recordist Enrico Coniglio.
Nelle parole del suo autore il disco racconta «il camminare piegato attraverso lande desertiche e spazzate dal vento, dove le rocce sono affilate e la natura è al suo culmine».
I due brani che lo compongono, realizzati con un set up comprendente generatore di funzioni, loop, lettori di cassette ed effetti, sono un affascinante viaggio nelle pieghe più recondite della materia sonora e nelle possibilità offerte da un ascolto dedicato a saggiare i margini più estremi del suono.
The Grand Parade of Hostile Winds esce su cassetta in edizione limitata di 80 copie per Kohlhaas, con il master di Giuseppe Ielasi e lo splendido artwork di Clio Casadei.
SO WHAT
Il vuoto come elemento capace di definire il pieno, componente essenziale per esaltarne in modo netto i tratti e la densità. È suono che si insinua attraverso il silenzio, che si incunea tra gli spazi in-between accarezzando le asperità dei suoi margini quello plasmato da Enrico Coniglio per dare concretezza ad un nuovo capitolo della sua personale ricerca “topofonica”.
Distanziandosi dal territorio lagunare pesantemente stravolto dalla presenza dell’uomo, spesso al centro della sua indagine, il musicista veneto sceglie di concentrarsi ancora una volta su un’area dominata dalla pura presenza degli elementi naturali. Riverberi e frequenze che informano l’unitario flusso diviso in due lunghi movimenti costruiscono una traiettoria impervia ed accidentata incanalante un senso di timorosa solennità che da quei luoghi emana e sfociando nella costruzione di un percorso sensoriale vividamente tangibile a patto che si sia disposti ad immergersi totalmente nella dimensione sonora.
Assecondando la mutevole percezione dello spazio condizionato dagli elementi atmosferici, la scia risonante si muove gradualmente tra emissioni al limite del percepibile e ruvide intensità alternando frangenti carichi di latente tensione e convulsi crescendo pervasi da oblique distorsioni.
Un’esplorazione al tempo stesso affascinante ed ostica, che si proietta verso una visione sempre più ampia e non convenzionale delle possibilità narrative del suono.
NELL’ATTESA DEL TUO PROSSIMO RESPIRO
Enrico Coniglio – BOOK/CD – 13/Silentes, 2018
ASTRÙRA/SOLÈRA (Bragos series)
Enrico Coniglio – VINYL CUT – 13/Silentes, 2016
REVIEWS
BEACH SLOTH
Industrial hued field recordings take hold on Enrico Coniglio’s immersive “Solèra”. With two pieces perfectly intersecting, the songs feel akin to two separate suites. Noises are implied in weird and wonderful ways, the way that they unfold gives them a sense of exploring the unexpected. Layer upon layer of sound is added with true grace and care, for the songs shimmer with metallic hues. Much of the collection flirts with outright cacophony and a few times allows itself to dive headfirst into such territory.
The hush of the A side introduces the collection. Hesitant at first, the song ebbs and flows refusing to be in one place for long. Gradually Enrico Coniglio allows the song to come into greater focus. Melodic shards permeate the beginning at least, for the gentler moments come out of the industrial churn that dominates much of the first half. For the latter half, things get a whole lot stranger. By the second half Enrico Coniglio lets the noisy origins rear their ugly head, for the tactile quality of the sound takes over in full force. Moving further and further away from the discernible, the song becomes surreal. On the B side Enrico Coniglio gets into a more spacious world, for the sound at times has a droning quality to it. Growing ever more potent, the cyclical nature of the sound works to his nature, as the piece unspools as it becomes emotionally affecting towards the end. Rather beautiful in its exploration of the world that surrounds and goes so often overlooked, Enrico Coniglio’s “Solèra” is an entrancing piece of work.
“Astrùra” shows Enrico Coniglio neatly merging together elements of the real and the imagined. Over the course of the two highly intricate pieces Enrico Coniglio allows for a great deal of sound to remain in flux. Love for the surroundings dominates for the pieces at times sound akin to be swept out to sea. By opting for such an approach the songs gain an emotional resonance, one that speaks to the uncertainty that exists on a regular basis. Besides the exploration of the regular there are those moments where Enrico Coniglio brings moments of Gas-like elements of bliss, ones that hint at more classical pastures.
Not a moment is wasted with the A side, where Enrico Coniglio introduces the piece with walls of noise. Gradually the sound shifts towards slightly kinder territory. Around the halfway mark the song focuses merely on the gesticulations of the lower bass rumblings, as the sound almost evaporates away. Random transmissions occur a little later, with a high-pitched tone giving the song a suspenseful element. While the aural universe unfurls, it reveals almost a static transmission. Easily the highlight of the collection rests on the B side, where Enrico Coniglio utilizes a gentler touch. Akin to the previous piece, it too includes a static sheen of sound, but unlike the A side the B side lets this static transform into something closely approximating shoegaze. With “Astrùra” Enrico Coniglio sculpts new lands from the world around him, resulting in great beautiful swathes of color.
A CLOSER LISTEN
There are different schools of thought when it comes to the production of “soundscapes.” There is R. Murray Schafer, who coined the term, and his World Soundscape Project, which approaches the soundscape as “acoustic ecology.” Some have criticized his approach as nostalgic, with romantic notions of pre-industrial life, constructing a division between nature and culture that is untenable and outdated. One might put phonographers such as Chris Watson in this category, though his close miking technique often reveals an attention to sounds that goes beyond mere documentation. Luc Ferrari’s soundscapes predate this approach and offer a compelling counterexample, capturing the sounds of human activity alongside natural occurrences. Ferrari’s classic Presque rien No.1 – le lever du jour au bord de la mer (1967–70), which reduced the real-time sounds of daybreak in a small Dalmatian fishing village to a 20-minute montage, seems to feature very little embellishment. Though all the sounds occupy a similar prominence within the mix, and therefore in our attention, this anecdotal approach – in which the sounds are more or less recognizable and unobscured by processing – presented an important break with the dominant method of electroacoustic composition at the time.
Art is an appropriate domain for exploring the fantastic and the impossible, and each of these approaches embrace fantasy in their own way. These examples are perhaps exaggerated in their minimalism, and far more often than not the imaginary landscapes that come to mind when we think of “soundscapes” are more abstracted and processed, using edits, loops, and additional sounds structured into a narrative. Such works use signal processing and musical elements to narrative, perhaps one might even say “cinematic,” effect. Ferrari’s Place des Abbesses (1977), for instance, was strictly imagined rather than utilizing recordings from the actual site, suggestive more than documentary. The results are psychoacoustic environments that are often impressionistic and might be compared to the soundscape equivalent of “magic realism.” Though more committed to obscuring the source of his sounds, or otherwise downplaying their origin, Francisco Lopez might fall under this heading as well, particularly uncharacteristically-titled works such as La Selva and Buildings, which inherently acknowledge the futility of adhering to a strict separation of concepts such as natural or cultural.
Some field-recordings function best as abstractions of a place, while others are rooted in the specificity of a place or event, in which being there lends the recording some additional power. Some, like Aki Onda, may wait until enough time has passed that the specific memories of a recording have become hazy or lost, while others such as Matteo Uggeri or Kate Carr produce musical compositions which depend upon their personal relation to a space and the memories embedded in a particular recording. Others focus on acoustics, on listening as a response to the unique vibrations of a particular space. Think of Toshiya Tsunoda capturing the sound of cicadas through a cracked window or birds from within an automobile’s muffler.
Enrico Coniglio is a Venetian native whose work has long revolved around documenting the lagoon of Venice. The “Bragos series” is his latest work, one which can’t be divorced from the particularities of the lagoon of Venice it explores. Coniglio’s music often reflects the uncertainty that comes with living in a medieval city that is slowly sinking. But unlike his classical-inspired arrangements and folk-centric compositions as My Home, Sinking, or the more glacial ambient and drone landscape studies of earlier works, the “Bragos Series” seems to be a more pure realization of a soundscape. These two 10” records Astrùra and Solèra, named after Venetian seabeds, consist of recordings made at the mouth of the harbor on a foggy spring day back in 2009, on the northern edge of the lagoon. Even if one has no knowledge of the city, the sounds of lagoon assert themselves very directly. Water sounds may be the most overused field-recording after bird song and church bells, and yet the sounds of water is unavoidable in a place such as Venice, where one is constantly surrounded. Venice by boat completely transforms the experience of the city, and similarly the sound of water in this context takes on new characteristics, not just the sound of water lapping but the way its reverberations tell a story of the surrounding architecture and landscape.
Venice has a very unique relationship with its history. Put aside electricity and modern plumbing and the city hasn’t changed all that much over the centuries. Though one will hear outboard motors more than oars, the absence of cars has a profound effect on the soundscape of the city. Floating through the canals after dark or wandering the labyrinthine alleys one can easily get lost in dark fantasies, and as such time there feels much less linear. It makes little sense to speak of nature, culture, or technology as discrete entities, particularly in a city such as Venice. As the sounds that make up the “Bragos series” move from one to the other they ambiguously intermingle, paralleling their conceptual blurring. The entire lagoon doesn’t exist any longer as a natural entity, but one carefully monitored and managed by administrators for centuries. The mudflats that exist outside the city, with tall grass and little else, provide a view into the past, before the future Venetians drove wooden piles into the mud and built a great city on top of them. The means of administering the lagoon have predictably grown more complex as modern science has evolved, and these techno-mediated cycles become part of the larger ecosystem of the lagoon.
Astrùra’s A-side moves from the distinct rhythmic sound of waves crashing forcefully before moving into more abstract territory, likely a hydrophone capturing underwater noise. Higher frequency tones persist even as we move above the surface again. Just as the city itself survives through its constant management, here sounds are revealed through a process of technological mediation. The B-side is perhaps the strongest of the entire series. Beginning slowly with arrhythmic bumping and banging, filtered through the water, it builds into a piece of more glacial ambient noise. Gently flowing clouds of static drift into a pendulum of cries streaking across the stereo-field, culminating in the unprocessed sounds of waves. There is an occasional feedback spike, or perhaps the horn of a ship, situating the listener again on the imagined lagoon. This return to a more documentary soundscape encourages an endless loop between the two sides.
By contrast Solèra has an almost minimal-industrial style, with a rhythmic panning of mostly static white noise, an undulating rhythm, and other sounds gradually vying for attention as the levels gradually shift. If Astrùra begins with the natural and slowly uncovers its hidden relations, Solèra departs from the technological and excavates the natural forces flowing through it. Electronic beeps and the reverberation of lapping water interact, without ever abandoning the noisiness which permeates the entire track. Recognizing the origins of the sounds here are less important than the narrative gestures. The B-side is defined by the rumbling hum of boat motors and machines, the technological sounds most a part of everyday life for Venetians. Their rumbles come and go as perpetually dripping water serves as a constant reminder of where we are located. Near the halfway point a low melodic tone steadily rises, adding not so much a romantic grandeur to the piece but instead just another oscillating mechanical drone that is part of the soundscape.
Coniglio’s recordings are at times very stark, like the city itself when one looks beyond the throngs of tourists. Recordings of the lagoon can’t escape the sounds water lapping, the sea breeze, boats, engines, motors, electrical hums and buzzes. But the “Bragos Series” is not so much defined by the sum of its parts but the patient way it connects these interconnected movements. The lagoon and the city are intertwined in such a complex way that the people who live there are as inseparable from the city as its lagoons, canals and the ecological systems which flow through it. Coniglio claims to be highlighting an inherent contradiction, and what these records make clear is that this unresolvable contradiction is a productive one, firmly at the center of what Venice means to the people who call it home. [Joseph Sannicandro]
FLUID RADIO
Within the vast canon of field recordings, the sounds of water probably stand as one of the most frequently abused clichés, together with birdsong, to the point that it is now difficult for them to emerge from the sinking sands of platitudes they have fallen into. This does not mean that thought provoking and original works can no longer be produced with water as their central theme. I am thinking, for instance, of Ennio Mazzon’s “Celadon” (2010), which played on the idea of decontextualization of sounds and mental images while investigating the river Piave in northern Italy.
However, for a Venetian like Enrico Coniglio, water is strictly interwoven into the fabric of his daily life and naturally ends up serving as a source of inspiration in much of his output, particularly in his early works. The two 10” vinyl recently released in a limited collector’s edition on Stefano Gentile’s Silentes label, “Astrùra” and “Solèra”, are named after the Venetian for two seabeds, and are composed from field recordings collected at the mouth of the harbor during a foggy spring day back in the 2009, on the northern edge of the lagoon. Both works are closely related to “Sabbion”, released by Green Field Recordings in 2010, and were produced within a similar context using binaural and hydrophonic microphones that captured, amongst others, the sounds of the propeller of a small boat approaching the island of St. Erasmo and a semi-submerged pipeline on the shore.
From the outset, Enrico Coniglio makes it apparent, that neither album aims to be an prettified rendering of a pristine aural world. As his work on the label Galaverna, which he co-runs with Leandro Pisano, testifies, Coniglio, is not interested in nostalgia and is not prepared to erase human presence in order to offer an idyllic, but inevitably fake, sonic image from yesteryear. There is as much artifice as there is nature in this diptych, labeled as the Bragos series, with an equal ratio of ebb and flow from the lagoon and mechanical sounds from boat engines and various other sonic products of manmade intervention. Notwithstanding the melodic undercurrent that runs through both works, Coniglio is not afraid of injecting occasional abrasive sonic elements into the proceedings uncovering the fragility of an aural world trapped in a liminal state. [Gianmarco del Re]
MUSIC WON’T SAVE YOU
Quando si tratta di soundscaping ambientale, ricorrente è il termine “esplorazione”; tuttavia, in pochi altri casi come in quello di Enrico Coniglio l’applicazione di tale pratica coincide con una ricerca fisica, sospinta dal desiderio di andare “oltre”. Oltre l’apparenza esteriore e, letteralmente, sotto la superficie dell’elemento caratterizzante la sua Venezia, corre il lungo itinerario di ricerca sonora che trova manifestazione nella coppia di 10” a tiratura limitata “Astrùra” e “Solèra”. Entrambi i lavori constano di due brani dalla durata di poco inferiore ai dieci minuti, che uniscono suoni naturali e artificiali, i primi dei quali raccolti “sul campo” – anzi, sotto la superficie acquatica – in una giornata primaverile di ormai sette anni fa. Caratteristiche comuni dei due 10” sono l’irregolarità delle matrici sonore naturali, catturate nella loro essenza impetuosa piuttosto che in quella statica, e di conseguenza le articolate dinamiche attraverso le quali gorgogli liquidi si trasformano in sferzate di rumore inquieto, echi quasi post-industriali come quelli esplorati dallo stesso Coniglio in “Songs From Ruined Days” (2010). L’elemento dronico compare quasi solo nella sola seconda parte di “Astrùrà”, regalando un placido scorcio contemplativo, appena prima, però, che disarticolati detriti sonori proiettino l’ascolto nuovamente al centro della materia, una materia tanto liquida e inafferrabile quanto imponente nella sua consistenza percettiva.
ELECTRONIQUE – Solèra
<<Amo Venezia, odio Venezia. C’è moltissimo da dire sulla laguna ma, al di là delle descrizioni storiche, naturalistiche e morfologiche, rappresenta per me una dimensione di fuga dal caos del turismo di massa del centro storico. La laguna è il lato B di questa faccenda. Le barene, le velme, i canneti, le isole abbandonate, gli edifici in rovina. Molta malinconia, una condizione comune a tutte le stagioni, ma la laguna è bellissima d’inverno. Io e mia moglie abbiamo una barchetta, con quella esploriamo, facciamo il bagno, peschiamo molluschi.>> Conoscere i fondali è come conoscere il proprio io. Sommerso. O duro e compatto come il tipo di fondale ‘solèra’ dove, in genere, non vi cresce vegetazione e la sabbia è ricchissima di frammenti di gusci e di conchiglie. La breve narrazione di Enrico Coniglio su 13 riparte da qui. Il 10” intitolato “Solèra” (2016), e ugualmente limitato come il precedente a un pugno di copie, continua a far luce su quel rapporto d’amore tra l’artista, non a caso membro dell’Archivio Italiano Paesaggi Sonori (AIPS), e i luoghi che più lo affascinano. Suoni inclusi. <<Era una mattina di maggio del 2010. C’era una nebbia assurda, tutta la città era totalmente invisibile. Esco di casa dopo aver brevemente progettato un ‘field trip’ ed eccomi pronto con il mio equipaggiamento, microfoni binaurali, idrofono e un registratore digitale portatile. Ero a bordo di una motonave, tra mare e laguna. Di quella giornata, ricordo una grande solitudine, così come la sensazione di star bene, di vivere un’esperienza unica, nella sua ordinarietà, assai intima. La nebbia così fitta fa quest’effetto.>> Echi lontani sul lato A. Un battello in avvicinamento. Il suo motore è acceso e diviene la chiave di volta di Solèra (Part 1). Sbuffi, fruscii, le pale di un’elica che non da tregua. La pioggia sul tetto e, poi, un gran baccano. Distorsioni soniche s’inseriscono in un ambiente già abbastanza saturo. La nuova stratificazione in atto diviene un complesso insieme di rumori, spesso assolutamente discordi, ma capaci di creare una sorta di ritmo alternativo. Una composizione che, così come nel precedente “Astrùra” (2016), s’interrompe quasi senza alcun segnale di preavviso. Anche Solèra (Part 2) sembra prendere le distanze da quell’atmosfera sorniona del precedente lavoro. L’inizio è tutto in salita, o meglio, è collocato proprio nell’occhio di un temporale. Un rumore imperioso, supportato da costanti raffiche di vento, emerge con vigore dai solchi del lato B. Il cigolio dei cardini di una porta è stridente. Una volta chiusa, c’è solo acqua che cola. A diverse intensità. Un barlume di aria e luce filtra allo scemare della tempesta. Alcuni oggetti vengono spostati da una superficie all’altra. I tuoni, sempre più frequenti, non fanno più paura. Sovrapposti a un quasi unico segnale acustico, divengono la colonna sonora dell’ultimo minuto e mezzo. La tensione si allenta. Non resta che un flebile suono, continuo e destinato a esaurirsi. Field recording del genere sintetizzano squarci di vita. E ne colgono le sfumature più struggenti. [Marco Ferretti]
ELECTRONIQUE – Astrùra
<<Una volta, facendo alcune ricerche, sono incappato in un sito che classificava i tipi di fondali. Ho pensato che fosse un tema suggestivo da sviluppare. Tutto è cominciato con l’uscita digitale “Sabbion” (2013), soundscape composition con registrazioni sull’isola di Sant’Erasmo>>. La coppia di 10” “Astrùrà” e “Solèra” (2016) i successivi approfondimenti del progetto di Enrico Coniglio, a metà strada tra naturale e artificiale. Due interessanti lavori dai nomi improbabili, sconosciuti ai più, e pubblicati, a distanza di un mese, entrambi sulla 13 di Stefano Gentile. Quattro tracce tra field recording, sperimentazioni e, soprattutto, suggestioni di chi ama la propria terra, o meglio, la propria acqua e le sue profondità. Il tipo di fondale ‘astrurà’ è tipicamente marino e frastagliato. Così come il sound che contraddistingue il vinile, limitatissimo a venticinque copie. Un’edizione speciale, abbellita dalle immagini del proprietario dell’etichetta, per celebrare la bellezza della laguna di Venezia e, intervenendo con suoni ad hoc, divenire testimoni della sua carica evocativa. Questa l’idea dell’artista, da sempre curioso e altrettanto rapito da località simili. Il desiderio di catturarne l’identità sonica una costante della sua ricerca, i cui risultati sono stati già pubblicati dalla casa madre Silentes: impossibile non ricordare il suo lavoro più celebre, “Sea Cathedrals” (2010), con la collaborazione di Manuel P. Cecchinato e Massimo Liverani. Le stesse registrazioni per “Astrùra” e “Solèra” risalgono a quel periodo, tra onde da brividi e una risacca fiera. Le prime si abbattono sulle sponde della laguna veneziana da tempi immemori. La seconda è conseguenza inesorabile. La potenza dell’acqua. Il suo scorrere. E un doppio suono, tanto impressionante quanto magnetico. O, semplicemente, ciclico. Materia prima ideale per field recording. L’artificio umano consiste, prima di tutto, nel farlo proprio per sempre, imprimendolo su nastro o registrandolo, più comodamente, come file digitale. Il passo successivo è trasformarlo in parte, adattandolo alla propria arte, e in certi casi persino decontestualizzandolo. Tutto questo è Astrùra (Part 1). Una dimensione in costante evoluzione per uno spazio la cui superficie non sarà mai del tutto mai immobile. Mutatis mutandis. Il lato A è, dunque, un concentrato di attesa e curiosità, fruscii e silenzi abbozzati, perché puntellati anche dalle voci di insetti in assoluta libertà. La natura quasi senza filtri, o la proiezione sonora di un ecosistema familiare, probabilmente, soltanto a chi pratica un certo tipo di pesca costiera. Colpi vivi. Sottofondo di bollicine. Oggetti non in equilibrio. Il preludio al disordine improvviso, al caos elettronico. La parte centrale del lato B è dominata da toni eterei e misteriosi. Astrùra (Part 2) si pone, diametralmente, in opposizione con il suo inizio. L’elemento drone prende il sopravvento. Il ciclo, però, si compie solo tra le onde. Lì, dove la vita ha inizio, si conclude anche la musica. La narrazione s’interrompe con uno stacco netto. E l’ambiente extra-sonoro appare, immediatamente, meno sognante, perciò il desiderio di riascoltare il tutto diviene una vera e propria necessità. [Marco Ferretti]
SO WHAT
Non una semplice mappatura sonora, ma una riflessione profonda sullo stato di un territorio, sulle sue contraddizioni e sui suoi punti critici. La narrazione costruita da Enrico Coniglio attraverso il dittico delle “Bragos series” è interamente incentrata sulla sua Venezia e non a caso i due capitoli che la compongono prendono il nome da due fondali della città, che ormai da troppo tempo è costantemente in bilico tra la meraviglia di una condizione paesaggistica unica al mondo e la presenza di un’industria invasiva e fagocitante. Questa problematica compresenza emerge costantemente dalle trame del lavoro, pubblicato dall’etichetta Silentes e completato da una significativa controparte visiva curata da Stefano Gentile. “Astrùra” si apre con il rumore isolato della risacca che, introducendo l’elemento principe della laguna, dà l’avvio ad una narrazione circolare che si concluderà tornando allo stesso suono con una consapevolezza differente. L’acqua che inizialmente da l’accesso ad una dimensione contemplativa in cui è la natura a dominare, si scontra e si fonde lungo il percorso con sonorità cupe, organiche interferenze che rimandano al mondo alienante delle macchine. Le vaporose modulazioni della seconda parte di questo primo capitolo creano lo spazio necessario per elaborare il senso del percorso prima di tornare al punto di partenza. L’atmosfera di “Solèra” è decisamente più fredda e claustrofobica, incentrata su stratificazioni ruvide e taglienti che lentamente si spogliano dell’iniziale moto ipnotico ritrovando nella parte conclusiva il suono dell’acqua, che però qui diventa parte di un processo ormai lontano dalla rassicurante e avvolgente bellezza del paesaggio naturale. È un lavoro prezioso di cesellatura di field recordings e suoni sintetici quello creato da Enrico Coniglio, capace di produrre una peregrinazione emotivamente profonda e spiazzante, la cui efficacia viene rafforzata ed esaltata dal lavoro di Stefano Gentile, che attraverso le sue foto riesce perfettamente a dare corpo alle sensazioni innescate dal percorso sonoro.[Peppe Trotta]
THE NEW NOISE
Parlo di due dischi, uno in uscita adesso, l’altro a maggio: mi sembra opportuno trattarli insieme perché sono un dittico (“Bragos series”), per di più edito in venticinque copie e in formato vinile dieci pollici (una traccia per lato), una cosa per collezionisti che andrà via subito, probabilmente pensata per il giro ristretto dei fan storici dell’etichetta Silentes. Conosciamo Coniglio, dato che – tra le altre cose – è finito nell’unica compilation da noi pubblicata anche fisicamente, in compagnia di altri sound artist a lui vicini, con la maggior parte dei quali sta sotto l’insegna dell’Archivio Italiano Paesaggi Sonori. L’interesse di Enrico per la sua città, Venezia, è chiaro a chiunque lo segua, specie quello per la sua laguna (“Astrùra” e “Solèra” sono nomi di due fondali e adesso anche il titolo dei due vinili in questione). Un esempio potrebbe essere Sea Cathedrals, imperniato su Porto Marghera, o Songs For Ruined Days, uscito per Spire (una “divisione” della Touch di Wozencroft), nel quale si passava dai suoni sempre di Porto Marghera a quelli di una chiesa. Tra l’altro, il materiale di partenza raccolto da Coniglio e poi inserito nelle Bragos Series risale allo stesso periodo in cui uscivano gli album che ho citato. Anche qui il tema sembra essere l’incastro tra i diversi ambienti acustici compresenti a Venezia, coi suoi inevitabili attriti: c’è un mondo naturale placido e rasserenante rappresentato dall’acqua e dal fondale, poi ci sono “le macchine”, l’industria, il cui suono più cupo e tagliente comincia prima a erodere la propria “controparte” e poi si ferma temporaneamente, causando lo scivolamento continuo tra una dimensione e l’altra. Ci sono anche frangenti quasi disancorati dalla realtà, che almeno per quanto mi riguarda hanno svolto la funzione di sollevarmi dal riflettere sull’aspetto più “ecologico” del lavoro. Si tratta di qualcosa di simile a quanto succede nel progetto di Enrico con Giovanni Lami, ribattezzato Lemures, nel quale a un certo punto si cade fuori dallo scenario ricostruito fino a un secondo prima attraverso i field recordings. Penso che questo impacchettamento di lusso sia il riflesso visivo e tattile di un punto di arrivo della ricerca di Coniglio. Mi piacerebbe ora che lui si rimettesse in marcia e facesse di nuovo un disco lungo, cercando di crescere ancora. Intanto noi mettiamo in ascolto integrale il lato B di “Astrùra”.[Fabrizio Garau]
ROCKERILLA
L’acqua è il legame che ti tiene uniti a ciò che rimane di questa città stabilmente sull’orlo del collasso, Venezia. Un elemento sempre presente nei racconti sonori di Coniglio e ancor più in questi due preziosissimi 10” in edizione limitata a 25 copie da collezione che respirano di salsedine, barena e silenzio che solo la Laguna può donare. Maestro riconosciuto nell’uso del field-recording, Coniglio ha incontrato le onde della Laguna Nord instaurando con esse un dialogo che va oltre la semplice registrazione dei rumori sui quali mixare elementi di modernità sonica. Ciò che si ascolta è il respiro in affanno di una fragile creatura al collasso, forse le sue ultime volontà. [Mirco Salvadori]
LOOP.CL
“Bragos series Astrùra/Solèra” are two separate 10-inch vinyls belonging to the “Bragos” series and it is limited run of 25 copies each. These records have as its backdrop the soundscapes that arise from the environment of the city of Venice. The field recordings were collected back in 2009 in the mouth of the bay that lies on the northern edge of the lagoon where are located two seabeds “Astrùra” and “Solèra”, and therefore overlapping sounds are recorded. “Astrùra” has a layer of drone and other synthetic sounds and noises and some metals blows hit each other that seem to be submerged in water. Also appears an ambient layer with a gorgeous melody line already recorded. On “Solera” static sounds are blended with the clicking, abstract sounds of electronic devices and processed recordings of water currents.
PLUNDERING THE ANCIENT WORLD
Enrico Coniglio – LATHE CUT – 13/Silentes, 2015
I
Enrico Coniglio – MC – Silentes, 2011
REVIEWS
CHAIN D.L.K
The format placement of this release under cassette class is not a mistake, as this sonic stuff coming from the talented Venetian composer Enrico Coniglio’s archive belongs to an interesting series on tape by the label Silentes, whose Collezione del Silenzio project is going to associate each issue (hand-numbered and strictly limited to 100 copies) with each letter of the alphabet in order to give voice to the visions of silence by some of the most renowned Italian electornic music producers, such as Fabio Orsi, Maurizio Bianchi, Giancluca Becuzzi, Simon Balestrazzi, Under The Snow and Opium. The first thinning by Enrico sounds like a drone, whereas the typical swish of the tape merges with expanded frequencies, ghostly voices – whose presence seems to suggest that silence is sometimes a so unknown dimension that it could be thought as coming from another world – and tolls of a sort of nylon guitar, which turns gradually louder into a kinf of chorus which emphasizes the immersive sound experience. Even if the one on A-side is a very powerful ambient-drone suite, I prefer “I”‘s B-side as it sounds more chilling: some nice noisy tears have been wisely inserted into what appears to be the recording of a white noise radio transmission and softer sounds close to that sonic intertwining proposed by some musicians devoted to the concept of the so-called staedtizism such as Kit Clayton or Jan Jelinek. One possible and impressive way to point out the evidence silence is something to be listened to. [Vito Camarretta]
TEXTURA
Italian composer Enrico Coniglio enhances his reputation considerably with two outstanding new releases, one a solo cassette-based affair and the other a split work with Under The Snow. Out and About, the Hypnos-released work Coniglio recently produced in collaboration with Emanuele Errante and Elisa Marzorati under the Herion name indicated that the music Coniglio was creating had advanced to a higher level of refinement, and these latest releases provide additional confirmation of same. He’s a natural fit for Silentes Tapestry’s Collezione Del Silenzio project, which involves allocating the twenty-six alphabet letters to a corresponding number of Italian experimental acts (Fabio Orsi & Flushing Device, Under The Snow, Maurizio Bianchi, and others). The music, issued in cassette tape format (hand-numbered and limited to 100 copies), is designed to capture the artist’s vision of silence, and Coniglio’s impressive two-track result shows him to have elevated his sound-generating abilities to a new level of sophistication and sensitivity. I have no details about sound sources in this case but presumably guitar, electronics, and digital treatments form at least part of the originating materials. Regardless, the two long-form pieces–seventeen and nineteen minutes, respectively–find Coniglio creating elegant swathes of deeply textural ambient-drones that develop with assurance and deliberation. Coated in soft layers of hiss, wave-like masses drift in slow-motion, sometimes with subtle hints of industrial noise creeping in to expand the drones’ dimensional character. Though the material is primarily concerned with textural depth as opposed to melodic development or narrative trajectory, it’s immersive nonetheless, the second piece especially, which brings its textural elements–crackle, smears, rumbles–into even sharper relief than the first. Muffled horn tones billow on the distant horizon as near-phantom presences, while metallic shapes surge insistently amidst a thick stream of crackle and hiss. The piece as a whole exudes a nebulous and ghostly quality that only makes it all the more satisfying as listening material.
AMBIENTBLOG.NET
Another Coniglio release (also on Silentes) is part of a cassette series called “Collezione Del Silenzio ” : 26 audiocassettes (one for every letter in the alphabet) containing “Free Interpretations of Silent Sounds”. For this series, Coniglio takes care of the letter “I” with two tracks, resp. 16:43 and 18:52 in length. Backed with the familiar analogue hiss of the cassette tape, Coniglio slowly unfolds his drones. In this almost industrial hiss, it is hard to distinct his sound from the carrier’s distortion. There’s a lot of clicks and short eruptions, as if the tapes catches environmental radiation in sound. It’s a fascinating array of sounds, always changing, always moving on. For those that can feel the vibe, silence simply does not exist. [Peter van Cooten]
VITAL WEEKLY
Luckily there is Enrico Coniglio to bring back ambience and ambient into the room. More the kind of music I expect from this series. Coniglio is a member of Herion and recently (see Vital Weekly 769) had a solo CD reviewed. Here he stays in ambient land with both feet firm in the ground. Glacial like tonal drifts on side A, and on side B, low humming bass sound hovering closely over the surface. Whereas its unclear what the soundsources are on the first side, the second side seems to have heavily processed guitars. It sounds altogether made in the digital domain, which may take a bit of warmth away… certainly a delight to hear. [FdW]
SALICORNIE – topofonie vol. 2
Enrico Coniglio – CD – Psychonavigation, 2010
REVIEWS
BLOW UP
L’opera di indagine dei paesaggi sonori di Venezia intrapresa da Enrico Coniglio in una serie di progetti e pubblicazioni in serie, tra le quali il recente “Songs from Ruined Days” (Spire/Touch), conosce un nuovo episodio con le “Salicornie”. Questa volta però, la rilettura dei luoghi della città natale dell’autore non avviene attraverso la lente del field recording nudo o quasi, ma in una rievocazione, a tratti magniloquente, romantica e decadente, a tratti animata da uno spirito documentaristico inesorabile, nutrito di curiosità entomologica per voci e piccoli angoli di città, in cui alle registrazioni d’ambiente si sovrappongono una serie di partiture strumentali per tromba (Arve Henriksen) e pianoforte (Gigi Masin). Ma c’è anche la chitarra dell’autore, a fare a tratti da contrappunto a queste topofonie veneziane, in una mescolanza di bozzetti ambientali (Angels of San Marco), flussi di pulsazioni minimali (Alper Tower Vol. 2), riverberati interludi strumentali (Salicornie, Interlude, per pianoforte e violoncello), cupe immersioni nei fantasmi ambientali (Fondamenta Nove incl. 130 s.m.l.) o filiformi suite texturali (Pastor et nauta). Un lavoro ricco di spunti, complesso per costruzione perchè interiorizza impressioni e tonalità assai variegate, amalgamate però da una visione coerente in cui il paesaggio acustico si mescola a quello del ricordo e della suggestione fotografica in un quadro d’insieme affascinante e lungi da ogni possibile vagheggiamento oleografico. [Leandro Pisano]
VITAL WEEKLY
Over christmas I was zapping away at the idiot box called TV, and I fell into a live concert of Andre Rieu, The Netherlands best selling music export product, who conducted Maurice Ravel’s ‘Bolero’, rendering it just below five minutes. What a shame. It was almost as bad as Eric Random half-hearted attempt on his ‘Earthbound Ghost Need’. The ‘Bolero’ also pops up in the title track of this new CD by Enrico Coniglio, who is a ‘guitarist, environmental sound recordist and sound artist’ and his album is dedicated to the city of Venice. It uses sounds from the carnival of that city, as well as music by Coniglio, who also plays synthesizers, bells, breathes, radio, toy glockenspiel, mini gong, glasses, farfisa mircorgan, clavietta, harmonica psalterium and ‘a plenty of other little stuff’, and gets help of trumpeter Arve Henriksen, pianist Gigi Masin, cellist Patrik Monticelli and field recordings by Nigel Samways. Its been forty or so years since I visited Venice (as a little boy of five years old), so I don’t recall any of that, and all I know from Venice is what I read or heard about it. Coniglio, recently getting more and more active, is a man of ambient music, with a strong sense of both ends of the musical spectrum: on one hand the pop end, and on the other the classical end, especially when he uses his guestplayers. Over the weekend I was reading a book on Brian Eno, meanwhile playing some of his records and this morning I thought I was still listening to Eno, when in fact I had moved on to Enrico Coniglio. A similar interest in using real instruments playing melodic tunes, the addition of field recordings of sea sounds, from the Laguna of Venice obviously, and sometimes more abstract electronic soundscapes and sounds from an acoustic source. It’s all quite pleasant music, and Coniglio keeps his music concise and to the point. I am not sure where Ravel’s ‘Bolero’ fits into an album about Venice, but its nice to hear it in this new context. As you may have guessed, the music is not alarmingly new in the world of ambient music, but Coniglio does a great job. Relaxing, easy music, but with enough bite to be noticed – not as disposable as Eno would have thought ambient to be… [FdW]
AMBIENTBLOG.NET
Most ambient music deals with more or less imaginary landscapes -like, for example, the two compilations recently reviewed: “Hidden Landscapes” and “Underwater Noises”. This is definitely not the case for both Topofonie albums by Enrico Coniglio (who also contributed to the Underwater Noises compilation), that are inspired by Venice and its lagoon . “A polymorphic portrait of what Venice is today, one moment decadent and melancholy, then romantic, rowdy, colourful and chaotic. Postcard of a thousand postcards, photos of a thousand photos…” But, just as Venice is not like any other city in the world, Salicornie (and its predecessor: Areavirus ) is not like any other ‘ambient’ album. “Enrico Coniglio (1975) is a musician with an interest in the aesthetic aspects of the landscape. Starting from his curiosity in experimenting within tonal variation of ambient and atmosphere music, with a particular referral to the soundscape of the Venetian lagoon, his music aims at investigating the loss of identity of places and the uncertainty on the evolution of the territory.” Triggered by his track on “Underwater Noises”, I noticed some of the artists Coniglio has worked with. An impressive list, with names like Joachim Roedelius, Emanuele Erante, Oophoi, Janek Schaefer and Arve Henriksen. Arve Henriksen’s heart-melting trumpet marks the opening title track of the album, quietly introducing the rhythm pattern sampled from Ravel’s Bolero. Using this emphatic rhythm on an album that can (partially) be classified as an ‘ambient’ album is of course a remarkable statement in itself. Apart from ‘ambient’ music, this album also includes ‘jazz’ music (‘Usaghi Blues’), and quite a lot of ‘environmental’ recordings (‘Angels of San Marco’). Some of the tracks, like”The Girl from Murania” would do very well in a movie soundtrack. Coniglio’s instrumentation,which defines the overall sound, is considerably different from most recent ambient-electronic albums: “Farfisa MircOrgan, clavietta, harmonica, psalterian and a plenty of other little stuff.” Like the city it is dedicated to, Salicornie is definitely worth multiple visits. By the way: of course it’s best to check it out together with its 2007 predecessor “Areavirus – Topofonie Vol.1″. [Peter van Cooten]
SENTIREASCOLTARE
Se artisti come Fennesz rielaborano l’ambient in micro-porzioni di elettronica che si accavallano per generare un nuovo tessuto sonoro, musicisti come Enrico Coniglio vanno in tutt’altra direzione, scegliendo invece la scenografia e la narrazione come linguaggio privilegiato. Nessuna vena sperimentale o tendenza avanguardista, insomma. Semmai lentezza e sviluppo nell’ottica di una musica rarefatta ma profonda, capace di giocare con le suggestioni che nascono dall’unione di classica, jazz e looping. In Salicornie: Topofonie Vol. 2 (seconda puntata di una serie di opere ispirate alla laguna di Venezia) si sommano chitarre minimali, pianoforti, violoncello, tromba, organi, glockenspiel, mini gong, synth e field recordings (il vociare e le campane in Angels Of San Marco, le funi che si tirano e il legno di Fondamente Nove Incl. 130 cm s.l.m.). Per dar vita a un’opera “suonata” che ha un sapore orchestrale tutto particolare, nel suo essere disciplinata, corposa (settanta minuti per tredici brani) e a conti fatti piuttosto conservatrice. [Fabrizio Zampighi]
AMAZON (customer’s review)
Except the collaboration with Oophoi on outstanding Aqua Dorsa “Cloudlands” album, the work of Enrico Coniglio remained unknown to me for a very long time. Shame on me!!! With several albums released on Psychonavigation, Silentes and Velut Luna, Enrico returns here with exciting sound collage dedicated and influenced by the magical city of Venice. Painted with all the essential colors of Enrico’s home city, we are experiencing here all the beauty, majesty and entertainment of Venice. Compositions on “Salicornie” are as much colorful as it is everyday’s life of this city. Enrico, who uses variety of instruments, “other little stuff” and numerous field recordings, is joined by guests (Arve Henriksen, Gigi Masin, Patrik Monticelli and Nigel Samways) on trumpet, vocals, synths, piano, cello, loops … who are adding to his already colorful textures another fresh wind of sounds and moods. After boiling all these ingredients together, we get here a quite eclectic acoustic ambient based journey full of joy and attraction. Sunny and cloudy, happy and sad, loud and calm, celebrating and relaxing, majestic and simple…, “Salicornie” is a “live” postcard from Venice, a must have not only for every fan of experimental ambient, but also for all those who have ever experienced this wonderful city. I guarantee all your memories will relive once again!!! Molte grazie to Enrico and all his guests, this is a pure magic!!! [Richard Gürtler]
ROCKERILLA
“AMBIGUITA’ DI UNA MAGIA ISPIRATRICE A RISCHIO D’ESTINZIONE”, a special monograph on the city of Venice edited by Isabella Rivera. Contributions by Serena Nono, Enrico Coniglio, Gigi Masin, Mirco Salvadori, Lorenzo Isacco. Photos by Donato Gagliano and Isabella Rivera. Go to the PDF here.
ROCKERILLA
Dipingere le mille sfumature di una città unica al mondo usando un colore che profuma di Ravel con decadenti mescolanze vocali un tempo appartenenti a Steven Brown e compagni. Questa la prefazione ad un racconto costruito magicamente con il suono e con i suoni: quei rumori, quelle voci, quei momenti di vita che solo un microfono binaurale sa fermare e rendere vivi per sempre, ascolto dopo ascolto. “Salicornie” è la rincorsa senza speranza di un romanticismo che ancora trasuda dai muri in rovina di una Venezia oramai trasformata in un desolato ed abbandonato parco giochi acquatico, un’alternanza tra sogno e realtà esplicitata in modo magistrale attraverso il suono nel quale vengono inseriti i fields che appartengono alla realtà quotidiana: fotogrammi continui che trasportano l’ascoltatore fin dentro una Piazza San Marco gremita all’inverosimile di varia umanità travolta dall’eco di una Marangona (l’antica campana) che tutto annienta con il suo fragore, un maestoso riverbero che nasconde il sottile malessere creato dalla modulazione data alle sirene dell’acqua alta o dal lento e ripetitivo strepitio della corda che segue l’andamento delle onde mentre stringe l’imbarcazione alla fondamenta. Rumori/suoni di vita alla deriva che vengono colorati con la maestria di autori quali Arve Henriksen alla tromba, Gigi Masin (che offre il suo splendido ‘Blue Venice’ in free download dal sito della label) al pianoforte, Patrik Monticelli al cello, con i loops di Nigel Samways e soprattutto con il sentimento, strumento maestro nelle mani di Enrico Coniglio. [Mirco Salvadori]
ONDAROCK
Dai luoghi della memoria post-industriale di “Songs From Ruined Days” alla memoria di luoghi conservati in un cristallo musicale, Enrico Coniglio prosegue le sonorizzazioni di un ipotetico percorso in una Venezia vagheggiata o scomparsa, tanto nelle cattedrali industriali abbandonate quanto nelle cartoline romantiche e atemporali di “Salicornie”, secondo volume delle “Topofonie”, inaugurate nel 2007 con “Areavirus”. Non è nuovo il legame del compositore veneto con la sua città, così come non lo è il suo intento di “riempire” di suono i luoghi, anziché semplicemente descriverli; e in questo senso i quasi settanta minuti di “Salicornie” incarnano l’essenza stessa di luoghi, suoni e frammenti sospesi in un altrove temporale e rappresentati in miniature astratte, realizzate a mezzo dei consueti filtraggi e manipolazioni di field recordings ma anche attraverso un articolato impianto strumentale, che comprende la tromba di Arve Henriksen e il pianoforte di Gigi Masin. Non più solo saturazioni, dunque, ma un ritorno a un ampio spettro compositivo, che trae l’abbrivio da mesmeriche intersezioni con fiati e pianoforte per confezionare, appunto, topofonie più o meno estese, avvolte da un fascino arcano, romantico e decadente al tempo stesso. “Salicornie” rappresenta infatti una fedele narrazione musicale dell’essenza e della storia di luoghi, momenti e tradizioni, che ora si innalza in progressioni graduali, supportate da una qualche forma ritmica, ora si rifugia in liquide profondità ambientali, appena solcate da pulsazioni e screziature minimali. Sotto il primo profilo, sono già emblematici gli otto minuti della title track iniziale, la cui solennità pianistica viene prima puntellata dai fiati e poi completata da ritmiche jazzy e da vocalizzi tra post-coralità e vaporose ambientazioni nordiche. L’accurata giustapposizione dei suoni reca con sé un’idea di lenta perfezione orientale, che talvolta si percepisce nel ricorrere di sentori caldi e speziati, nonché soprattutto nella ricca leggiadria di un brano come “The Girl From Murania”. Coniglio applica tuttavia i suoi “origami sonori” non solo alle parti acustico-cameristiche del lavoro ma anche a quelle – non meno ingenti – improntate a declinazioni ambientali che nell’occasione spaziano dal dark ambient dei nove minuti di “Fondamente Nove incl. 120 cm s.l.m.” ai suoni granulari di “Pastor et nauta”, dai picchiettii nelsoniani di “Alpen Tower pt.2″ alle spesse nebbie idrofoniche di “Salicornie (reprise)”. E ancora, l’interludio per pianoforte e violoncello “Salicornie (interlude)” e l’aura rinascimentale del dialogo tra drone, voci. violino e campane di “Angels Of San Marco”; insomma, un universo sonoro estremamente vario, le cui molteplici sfaccettature compositive e strumentali incorniciano di un senso di distanza spazio-temporale l’omaggio tutt’altro che banale a una Venezia idealizzata nella preziosa immutabilità del ricordo. [Raffaello Russo]
ATTILIO NOVELLINO
Enrico ha una cifra personalissima, molto particolare, in cui l’avanguardia più ricercata si fonde con suoni classici, concreti; questo genera una sorprendente atmosfera di contaminazione ambientale che vive sul dialogo tra linguaggi apparentemente distanti, ma che i brani comunicano alla perfezione: disintegrations loops, campane, glitches, pianoforte, violoncello e chitarra disegnano un bolero emozionante, vivo, ricco di forza descrittiva, venato di quella malinconia tipica dei posti dove si incontrano i viaggiatori delle più svariate provenienze, nei quali, non serve parlare una stessa lingua per comprendersi, perchè sono i luoghi stessi a risuonare.
THE SILENT BALLET
Salicornie is a marvelously engaging exploration of Venice. The disc operates as a sonic postcard, and is so evocative that it should be sold in airport kiosks to outgoing tourists wishing to extend their experience. The only drawbacks are non-musical: an unwieldy title and a cover that fails to accurately represent its contents. Salicornie is the classic case of “don’t judge a book by its cover.” Memoirist André Aciman often writes of the nostalgia present in remembering a city that one has left. The mind plays tricks: reorganizes geography, truncates chronology, glosses over imperfection. In much the same way, Salicornie presents an idealized Venice, preserved in amber: a slice of life that operates as a microcosm of the whole. Enrico Coniglio knew that he’d be unable to capture all of the city’s allure, but he’d be able to open enough windows to provide an engaging view. Coniglio’s recent works have been incredibly varied in nature, ranging from the watery ambience of Sea Cathedrals to the organ-drenched religion of Songs from Ruined Days. On Salicornie, he calls upon the assistance of some mighty fine collaborators, including Arve Henrikson on trumpet, Gigi Masin on piano and Patrik Monticelli on cello. Their work is spread throughout the disc, which provides variety; it is as if they are walking in and out of the camera’s frame. The trio lends the album a languid jazz vibe, similar to that of its predecessor, 2007’s Areavirus: Topofonie Vol. 1. But while the former album relied on the inspiration of a lagoon, its sequel benefits from a more complex muse. While the sounds of the lagoon can still be heard, they are joined here by the revelry of the Venice Carnival and the bells of the San Marco Basilica. Much of the album seems to have been recorded around the Piazza and Piazzetta. We hear water lapping, pigeons cooing, children playing, crowds laughing, and occasionally, the sound of distant troubadours. To listen is to stroll the pavement, south to north and back again, to breathe the enchanted air, to pause before the cafés, the clocktower, the statues of St. Mark and St. Theodore. There’s much more to Venice than gondolas and glass. Strangely, even a monkey seems to make an appearance on Track 10. Coniglio’s synthesizer, shells, “psalterium and a plenty (sic) of other little stuff” provide many tiny protuberances that prevent the album from being overly glossy. These welcome guests help to shift the album from the ambient to the experimental. The title track (and its reprise) even contain samples of Ravel’s Bolero. While assigning mood to music is subjective, Salicornie seems to be an album of late summer tumbling into autumn. It’s an outdoor album with a twinge of melancholy. The happiest moments arrive during the opening tracks, after which the voices fade, the effects grow increasingly solitary and the instrumentation turns wistful. As the closing piano piece unfolds, each note seems to forestall the onset of fall. When the last note echoes, we involuntarily shiver. For the first night since spring, the windows will have to be shut. The first leaf is about to descend. [Richard Allen]
TEXTURA
SALICORNIE – Topofonie vol. 2, Enrico Coniglio’s follow-up to his 2007 Psychonavigation collection AREAVIRUS – Topofonie vol. 1, is fashioned as a tone poem to Venice, and as such is designed to convey the full spectrum of experiences associated with the city–its decadent and romantic sides, its chaos and rowdiness. Coniglio draws upon field recordings of water, church bells, children’s voices, and the cacophany of overlapping conversations to generate rich mental postcards of a busy locale. Musical sounds drift out a cafe’s doors to join a mix that’s already teeming, and the creak of a gondola wending its way through the city’s water routes also surfaces. Adjoining such elements are thick ambient webs Coniglio builds from a mini-orchestra of guitar, synthesizer, bells, toy glockenspiel, clavietta, harmonica, psalterium, and a host of other materials. Some pieces are shape-shifting settings of collage-styled design; others are more song-shaped. “Alpen Tower pt. 2,” for example, adheres to a conventional structure in nicely underlaying piano tinkles and revereberant electric guitar figures with an understated beat pulse. For every excursion into darkness (e.g., the murky, watery depths plunged during “Fondamente Nove incl. 130 cm s.l.m.”), something sweeter emerges to offset it. Not surprisingly, the material receives a considerable boost from the presence of Arve Henriksen, whose trumpet playing adds personality to whatever project he’s contributing to. The title piece (and its later reprise) stand out for the way in which Henriksen’s signature breathy tone floats overtop the lulling backdrop Coniglio provides to him. Collectively, the sound verges on symphonic as see-sawing piano chords, violins, cellos, and a martial drum pattern (sampled from Ravel’s Bolero) conduct their slow and steady ascent. When Henriksen and cellist Patrik Monticelli voice a yearning theme halfway through the piece, it feels like a quintessential ECM moment, even if Coniglio’s album appears on Psychonavigation. Monticelli also has a lovely solo spot on “SALICORNIE (interlude),” where the piece’s haunting main theme is prominent. The playing of Henriksen and Monticelli, abetted by the piano of Gigi Masin (who gets the closing track “Usaghi Blues” all to himself), also elevates “The Girl from Murania,” whose lush and pretty five minutes might be the album’s most uplifting. The impact such guests make on the album can’t be overstated, as without them its seventy-minute running time would start to feel overlong; it would be easy to imagine listener fatigue setting in by the time the ninth and tenth settings, “Pastor et Nauta” and “Bateon dei Morti” appear, for instance. But by adding such distinguished voices to his material, Coniglio ensures that the album holds one’s attention despite its length.
SEA CATHEDRALS
Enrico Coniglio feat. M.P. Cecchinato & M. Liverani – CD – Silentes, 2010
REVIEWS
CLASSICAL DRONE
Enrico Coniglio first came to my attention in his collaboration with one of my favorite drone ambienteers, Oöphoi (whose work deserves a couple of articles here, but another time&hellip). He has been kind enough to keep me apprised of his work, and some time ago I received a couple of packages of CDs from him containing releases from different projects. Coniglio has deep roots in Venice, and he continues to project a strong sense of place through field recordings and album imagery. But through his work I have discovered a larger collection of ambienteers from Italy, a sense of place that comes from the community of musicians. His release Sea Cathedrals on Silentes(an affiliate of the classic Italian ambient label Amplexus) is a collection of five drone works, ranging in duration from six minutes to twenty. His collaborators include his cover photographerManuel P. Cecchinatoplaying crystals, singing bowls, and a custom-made analog synth with Paul Klee’s Archangel drawing engraved on copper as its touchplate; Massimo Liverani on guitars, loops and treatments; and Manuela Bruschini singing wordlessly on the title track. The two tracks featuring Liverani’s loops are the two shortest on the album, set in the middle between longer, more atmospheric works. On Till, a muffled phrase repeats with added resonance developing into little melodic fragments that gradually supplant the loop’s original focus. Similarly, on The Lost Cargo, the resonance from a single crystal stroke slowly takes on a life of its own as overtone whistles trail into flute sounds. Coniglio’s drones and field recordings provide a gauzy curtain around the loops and extend the album’s continuity to the longer soundscapes. The twenty-minute title track, which opens the album, combines isolated chords in a synth drone with single percussive strokes and processed (or perhaps electronic) seagulls. The drifting harmonies and languid pace that encircle monumental blocks of sound recall Debussy’s sunken cathedral, a century-old parallel evocation of underwater temples. Sandbanks combines distant wavering microtonal clusters and processed crickets into a rich buzzing, propelled by arhythmic techno-style blips and a whistling reminiscent of the bird calls from the title track. Sylos, the album’s closer, is another long stretch of murmuring drones punctuated with deep crashing events and layered with the album’s most recognizable field recordings. Single bell strokes, like temple bells, introduce sections with cavernous voices, reverberating in a public space like a train station. Spacious and unassuming yet filled with tiny details, Sea Cathedrals is a release in the classic ambient framework, honoring varying levels of attention. If Sea Cathedrals is Coniglio’s pure ambient release, on the second volume of hisTopofonie project,Salicornie, he indulges his romantic and melodic side. An extended paean to Venice released on the Irish label Psychonavigation,Salicornie is framed by the gorgeous title track, which begins with a gentle Debussy chords rocking back and forth, then features the breathy trumpet of Arve Henriksen, cello by Patrik Monticelli. The rhythm picks up, sounds familiar, and like a sudden parting of the curtain everything is accompanied by orchestral samples from Ravel’s Bolero. This song could fit comfortably on softer mainstream instrumental radio. But the theme disintegrates back into hazy, languid echoes of Gershwin, which in turn become the background for a stroll around the Piazza San Marco, with tourists, strolling musicians, church bells. This in turn fades into “disintegration loops” from Nigel Samways, a blurry conclusion to the first four tracks. The theme from Salicornie later appears in an interlude led by Monticelli, and at the end with a full group calm and melancholic reprise. The melodicism continues across the entire album, from the wistful chords on Alpen Tower pt. 2 (a continuation of a song from the first volume) as well as The Girl From Murania, a beautiful standalone piece which features Henriksen and Monticelli alongside of Coniglio’s bent-note guitars and gentle percussive beats. This track, like the main theme, could easily be a strong candidate for radio play. But the field recordings aren’t buried in the mix, as they are on Sea Cathedrals, they’re prominently displayed. Fondamente Nova incl. 130 cm s.l.m. includes creaking wood and ropes from a sailing vessel that could fetch an unsuspecting, lulled listener back from the brink of slumber. Often the phonography is subordinate to the music, yet still communicating strongly a sense of place, as when the sustained, melodic synths of Bateon dei morti float on layers of water and sea birds. The combination of field recordings, ambient layers and romantic melodicism make Salicornie considerably more dramatic and conceptual than Sea Cathedrals, a more structured and post-classical side of Coniglio’s music. Besides performing and composing, Coniglio is also a curator of a collection of ambient tracks from various Italian musicians on the theme of Underwater Noises. Aside from Coniglio, most of the names are new to me, although I reviewed an album by Obsil forfurthernoise.org a few months ago. There is a nice variety across the compilation, from Ennio Mazzon’s dreamy rain-soaked drones to Cop Killin Beat’s glitchy atmospherics and submerged loops. I liked Paolo Veneziani’s Inside the Edge, where a thin melodic thread traverses a cavern of watery drips and rustling percussives. Obsil’s sudden transitions between field recordings, squiggly electronics and poignant piano loops stands out from the sustained drones featured prominently on several tracks. Everyone’s taste will determine which tracks will be the favorites, but I found the entire compilation very listenable throughout. Underwater Noises is a joint release between the Lost Children netlabel and Ephre Imprint, where it is available as a limited edition CD-R. My only complaint about the comp, a minor one, is that none of the web sites have links to the artists, which defeats one of the purposes of the collection. To close this survey of Enrico Coniglio’s recent work, let me also mention a composition of raw field recordings he recently made available on the Portuguese media label Crónica. Recorded with binaural microphones in one of Venice’s Basilicas on a typical feast day, it combines random group noise, prayers and organ music as Coniglio wandered the crowd. The twenty-minute composition, in three parts, is available here as part of Crónica’s podcast series. Check out some of the other pieces while you’re there. Sea Cathedrals is available directly from Silentes. Salicornie is more widely distributed as a CD and is also available as a download from all the usual suspects. [Caleb Deupree]
AMAZON (customer’s review)
The work of Enrico Coniglio is getting recognized more and more with each release and it’s well-deserved. “Sea Cathedrals”, on which he is teamed with Manuel P. Cecchinato and Massimo Liverani, is no exception. Manuel P. Cecchinato is new to me, but I remember well Massimo Liverani from outstanding tracks “Stalking Venice” and “ExistenZ Minimum” on Coniglio’s “Areavirus: Topofonie Vol. 1″. Apart from his previous releases on Psychonavigation and Velut Luna labels, which were by far more acoustic and eclectic, on “Sea Cathedrals” Enrico and his fellow musicians explore darker and drifting realms, dedicated to industrial area known as Porto Marghera, located on the mainland of Venice. So no surprise they have landed this time on Stefano Gentile’s Silentes label. The album opens with monumental title track “Sea Cathedrals”. Blend of dark drones, on-site recordings and some vocals of Manuela Bruschini makes from this 20-minute track a pure gem, what a masterpiece!!! More please!!! “Sandbanks” keeps its tense mood, while being less drifting and more experimental, but amazing too! “Till” remains in the same terrain, but adds glitches/hiss to its drones. This one would easily fit also Aqua Dorsa project, another remarkable piece! Mysterious “The Lost Cargo” attracts with its bell sounds while the last 19-minute piece “Sylos” submerges us with its deep abyssal sounds timely spiced by singing bowls, a grandiose journey and perfect album closer! “Sea Cathedrals” is another masterful sonic sculpture of Enrico Coniglio (and his guests) released during 2010, so watch out for this talented and potential Venetian composer!!! [Richard Gürtler]
MAURIZIO PECCHIA
Come i Titani dal fondo dell’Inferno dantesco: sylos, ciminiere e l’altoforno si innalzano, coperti di ruggine, possenti e minacciosi lungo la costa. Sì, vi è qualcosa di numinoso, una fosca, ancorchè inane, aura di sacro, in queste costruzioni che sembrano sorte dal fondo del mare. Per me, cresciuto a Piombino, ascoltare SEA CATHEDRALS è stato come rivivere la meraviglia e, soprattutto, l’inquietudine da sempre provate di fronte a questi giganti di ferro ed acciaio.
CONNEXION BIZZARRE
The name Enrico Coniglio is not new to this scene as well as to me. In the past I had the pleasure of reviewing another CD with him being one of the collaborators. The album “dyanMU” was released on the Irish label Psychonavigation Records and for “Sea Cathedrals” Enrico chose to stay closer to home as it was released by fellow countrymen Silentes. The album’s imagery and its music is conceptualized around ‘Sea Cathedrals’ or the great heritage of the coastal industrial archeology of Porto Marghera. Part field recordings, part guitar loops, bells, vocals and synths – this album gathers sounds from as much different origins as what was brought into the harbor. Just like on the before mentioned “dyanMU” which was a collaboration with Elisa Marzorati, “Sea Cathedrals” is again a collaborative effort. On the cover and in the books it says Enrico Coniglio feat. M.P. Cecchinato and M. Liverani and within the liner-notes we also find the additional vocals being credited to Manuela Bruschini. Sadly I couldn’t find any more information about the other persons, so the review will focus on Mr. Coniglio himself. And why try to rewrite what is told so perfectly on his website. “Enrico Coniglio is a musician with an interest in the aesthetic aspects of the landscape. … his music tries to explore the loss of identity of places and the uncertainty of the evolution of the territory.” This feeling of forgotten memories and places that ‘once were’ very well depicts the atmosphere that is created on this album. Long stretched sounds with slow movements – which sometimes take a bit ‘too’ long like on the title-track – and at other moments the activity within the sound-spectrum is very high. An example from this can be heard in the gorgeous second track “Sandbanks”. “Sea Cathedrals” is a well executed piece of ambient music which will appeal to more then just the usual target audience for this kind of works. [Bauke van der wal]
CYCLIC DEFROST
The spectre of Thomas Koner looms large on Sea Cathedrals, a five-piece dark ambient work by Enrico Coniglio with Manuel P. Cecchinato and Massimo Liverani, but not in a derivative way. Coniglio applies the slowed down cushioned hiss present in Koner’s music to more placed-based recordings, dense drifting pieces built from synth, voice, ‘drone’ and field recordings captured along the Industrial coast of Porto Maguera near Venice. This latter component provides the album with concept and direction whilst – thankfully – avoiding ecological preaching, approaching the geographic soundscape from a position comparable to that of Francisco Lopez, with more interest in overt sound manipulation and instruments. Despite the varied elements going into these pieces, they’re all rendered indistinguishable through processing, serving only the vast resultant drones. The title is appropriate, as there is something grand and mythic at work here, and sub-aquatic, a deep sound that floods the space like gas. Traces of location recording hint at both nature and industry, and while the synthesis is complete it’s hardly a happy union. The presence of bells in ‘Till’ and ‘The Lost Cargo’ brings a faint Fourth World air, but the bleakness remains, like the work of Paul Schutze. A strong, dark, and impressive album. [Joshua Meggitt]
AUDIO DROME
Dopo Glacial Movements e Touch, Enrico Coniglio, qui coadiuvato da Massimo Liverani e Manuel Cecchinato, ottiene di essere pubblicato da Silentes, casa di tanta sperimentazione elettronica e ambient italiana, specie di quella più legata al genere industrial (in catalogo troviamo Mauthausen Orchestra, Maurizio Bianchi, Hall Of Mirrors, Deison, Cria Cuervos…). Sea Cathedrals è più scuro e meno glitch di Cloudlands (pubblicato assieme a Oophoi a nome Aquadorsa), nonostante tra i due dischi ci siano punti di contatto (certe reminescenze di Roach), ed è meno concettuale di Song From Ruined Days, nonostante il paesaggio di riferimento di Enrico resti quello industriale in rovina di Porto Marghera, sempre costruito anche su field recordings, questa volta però apparentemente più manipolati. Situazioni sospese, momenti soft anche se non solari (soprattutto i primi venti minuti della title-track, ingentiliti dalla voce di Manuela Bruschini), drone che vengono lasciati espandere il più possibile, loop che compiono il loro ciclo in intervalli di tempo amplissimi: Sea Cathedrals non ha fretta e non ha bisogno di colpi ad effetto, bensì gira intorno a chi ascolta e piano piano gli costruisce attorno un nuovo mondo. Certi suoni più obliqui di “Sandbanks”, “The Lost Cargo” e “Sylos”, però, nel contesto di un disco dal respiro così calmo, aumentano il desiderio di ripetere l’esperienza. Come spesso capita con l’ambient, poi, una volta entrati – magari faticando un po’, proprio come in Cloudlands, in un buon album, difficilmente se ne esce. Gli appassionati del genere hanno definitivamente (se ne erano già accorti in parecchi) un nuovo nome da seguire. [Fabrizio Garau]
VITAL WEEKLY
Enrico Congilio already worked with Oophoi on a CD for Glacial Movements (see Vital Weekly 683) and here works with his drones, field recordings, bells, programming with two musicians (not on every track together) Manuel P. Cecchinato (arc-angel synthesizer, treatments, crystals) and Massimo Liverani (guitars, loops, treatments). The five pieces, ranging from six to twenty minutes, are excellent examples of ambient drone music. Dark, atmospheric, spacious, all those keywords of what ambient and drone music is, apply to this music. Much of this kind of music has been said and done before, but Coniglio does a mighty fine job here. Excellent wonderful production.
BLOW UP
Field recordings colti da Enrico Coniglio sui bordi di Porto Marghera costituiscono la fonte digitalmente elaborata che, con il contributo degli accreditati Cecchinato e Liverani, ma anche di Manuela Bruschini la cui voce, come divina luce che traffigge plumbea volta, è nelle tessiture della title track, erige “Sea Cathedrals”, requiem all’utopia acritica del benessere garantito teorizzato senza remore dai fautori dell’industrializzazione euforicamente indiscriminata. Il presupposto dell’album, dedicato alle ‘cattedrali sul mare’, simulacri di archeologia industriale, inevitabilmente ammanta di dolenti tonalità il susseguirsi dei cinque brani, dall’ambient smarrita e navigante con inesistente visibilità di Sea Cathedrals, al mare aperto colmo di interrogativi e di oscure suggestioni che si para davanti infinito, fornendoci preziosa chiave per comprendere come anche alle spalle è altrettanto immenso il nulla di Sandbanks, dalle maree crescenti che sommergono parole e finzioni di Till agli esoterici riverberi che s’agitano in lontananza nell’immota The Lost Cargo, sino a quasi venti minuti di Sylos, cupo post-industrial dal passo compassatamente lugubre che si sfilaccia in mille diramazioni che si riavvolgono inestricabili avvinghiandosi alle antenne del tetro complesso industriale che si staglia nella distanza. [Paolo Bertoni]
ROCKERILLA
Cattedrali sul mare oscuro della fantasia per Enrico Coniglio e suoi complici in azione manuel P. Cecchinato e Massimo Liverani. Il paesaggio sonoro di Sea Cathedrals non chiede altro di essere viaggiato nella totalità dei suoi 5 brani a lunga durata cullati dalla voce delle onde e dal canto delle sirene. Non resta che farsi portare alla deriva di questi flutti arcani mossi da armonici sussurranti, ma anche solcati da vibrati profondi e scie di droni elettronici che scandagliano gli spazi ignoti degli abissi marini, mentre altrove disegnano le lagune blu di un mondo incontaminato lontano nel tempo. Ma queste cattedrali sul mare suggeriscono un’altra chiave di lettura meno serafica e più prossima al tema della salvaguardia ambientale nell’era degli imperi industriali. Da ascoltare tra le righe. [Aldo Chimenti]
OLTRE IL SUONO
Affascinante album in “classico” stile ritual-ambient dalla matrice oscura, costruito attraverso cinque tracce dalle sonorità profonde ed evocative, ora più statiche, fluttuanti, “quiete” e dilatate, ora più incisive, drammatiche, “trainanti” e coinvolgenti… Nonostante la collocazione stilistica all’interno di un filone piuttosto “collaudato” e, solitamente, abbastanza “standardizzato”, c’è da evidenziare che le sonorità appaiono comunque molto ricercate, le strutture compositive finemente elaborate, e il missaggio di suoni ed elementi vari sicuramente ben riuscito ed efficace, tanto da far decisamente “spiccare” questo album, non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello prettamente “emotivo” rispetto a tanti altri di genere analogo. Un CD che, nel suo lento e progressivo evolvere, sembra via via “crescere” anche dal punto di vista “qualitativo”, quasi come se, corrispondentemente allo sviluppo temporale, in fase di realizzazione progredissero parimenti le buone intuizioni, l’originalità delle idee, la perizia tecnica e l’abilità nel ricercare suoni, combinarli insieme, e costruire attraverso essi atmosfere sempre più efficaci e coinvolgenti. Un album sicuramente consigliato a tutti gli amanti del genere. [Giuseppe Verticchio]